La legge 194/78, che ha legalizzato l’aborto in Italia, prevede che un figlio possa essere abortito entro i 90 giorni dall’inizio della gravidanza, senza altra procedura che la semplice richiesta della madre.

Un colloquio viene poi svolto, al quale è presente il personale dell’ASL, ginecologo e assistente sociale, oppure del Consultorio, ma potrebbe anche trattarsi del solo medico di base al quale la madre può rivolgersi.

La Legge 194 prevede che dal colloquio debbano emergere le motivazioni che inducono la madre alla richiesta dell’aborto, ma di fatto esso resta privo di qualsiasi conseguenza, poiché la legge stessa non prevede che qualcuno  sia tenuto ad intervenire per modificare la situazione contingente. Le motivazioni espresse dalle donne, per altro, non vengono registrate, neppure in forma totalmente anonima, a soli fini statistici, con il risultato che dal 1978 ad oggi sono stati eseguiti circa 6 milioni di aborti senza che se ne conoscano le ragioni, e senza che si possa intervenire con adeguate politiche sociali, per esempio.  

I 90 giorni previsti dalla Legge 194 per abortire un bambino a semplice richiesta, corrispondono a circa 13 settimane di gravidanza, vale a dire oltre 3 mesi.

Lo stato del bambino a quel punto della gravidanza, la sua salute, lo sviluppo al quale è giunto, non vengono minimamente presi in considerazione dalla legge. 
La propaganda abortista, per evitare il confronto con l’evidenza della realtà, continua a parlare di “grumo di cellule” e nasconde che il bambino ha un cuore che batte già dal 21° giorno di esistenza, che è già completamente formato prima del 60° giorno anche se misura solo 3 centimetri, che comincia a muoversi volontariamente intorno all’80° giorno.

Il video illustra lo sviluppo dell’embrione/feto, a partire dal momento dell’annidamento nell’utero (5° giorno dopo il concepimento) fino al 90° giorno.

Questo è un bambino che può essere abortito semplicemente compilando un modulo.

 

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