(Lettera Napoletana) Che cos’è l’Hispanidad? È “l’essenza dello spirito spagnolo”, risponde Manuel García Morente (1886-1942), filosofo di formazione kantiana protagonista di una straordinaria conversione spirituale, ed in gran parte intellettuale, nel 1947.
Di García Morente è appena uscita la traduzione italiana del saggio “Idea de la Hispanidad” (Espasa Calpe, Buenos Aires, 1938) a cura di Gianandrea de Antonellis con una introduzione di Miguel Ayuso (“Idea dell’Ispanità”, Edizioni Solfanelli, Chieti 2018, pp. 95, € 10,00).
Il testo raccoglie due conferenze tenute dall’autore a Buenos Aires. Per arrivare alla definizione di Hispanidad, García Morente parte dalla concetto di Nazione e di Nazione spagnola. Un tema complesso perché le idee di Nazione e di Nazionalità sono state stravolte dalla Rivoluzione francese in poi e ad esse si sono sovrapposti i nazionalismi, tutti di matrice rivoluzionaria.
Il giacobinismo considerava la Nazione un’entità ideale, alla quale si decideva di appartenere con un atto di volontà. Il liberalismo ha associato a quest’idea quella di Stato, portando alla identificazione errata tra Stato e Nazione ed alla nascita degli odierni Stati nazionali. È la concezione di Nazione che è alla base del cosiddetto Risorgimento italiano. Uno dei suoi padri, Pasquale Stanislao Mancini (1817-1888), cospiratore liberale nato in Irpinia e rifugiatosi in Piemonte dopo la fallita rivoluzione del 1848, teorizzò nel 1851, in una lezione all’Università di Torino, il “principio di nazionalità”. Per Mancini di tratta di un “sentimento”, di una sorta di auto-coscienza, di una scelta su base volontaristica. Era in base a questo principio che i cosiddetti “patrioti” del Risorgimento si sentivano “italiani”.
Il liberalismo associò a questa idea totalmente deformata della Nazione quella di Stato, portando ad una identificazione dei due concetti. Si tratta di una concezione del tutto estranea al Medioevo cristiano ed all’Ancien Régime. L’Ordine di Malta, realtà sovranazionale fin dalla sua nascita aveva al suo interno otto nazionalità. Cavalieri di lingue diverse, di Nazioni senza Stato, e l’Impero Asburgico, erede della Cristianità medievale, era uno Stato plurinazionale al cui interno convivevano etnie e popoli diversi che dopo la sua dissoluzione si sarebbero ferocemente combattuti.
L’idea tradizionale di Nazione, associata alla nascita – da cui deriverebbe l’etimo Natio – è quella di un patrimonio culturale, ricevuto in eredità e prodotto da generazioni di uomini nati, per un disegno provvidenziale, su una stessa terra.
Manuel García Morente definisce la Nazione come uno “stile di vita collettivo”. “Quando nella vita di un gruppo umano lungo lo scorrere del tempo esiste un’unità di stile nei differenti atti, nelle imprese, nelle realizzazioni, allora si può dire che esiste una nazionale”, scrive il filosofo.
E “lo stile proprio della Spagna”, l’“essenza dello spirito spagnolo”, viene individuata, in alcune bellissime pagine di Morente, nella figura del cavaliere cristiano, un simbolo che sintetizza uno stile di vita.
Alcuni dipinti celebri hanno raffigurato questo stile spagnolo: Diego Velázquez (1599-1660) nel suo “La resa di Breda”, El Greco (1541- 1614) con il “Cavaliere con la mano sul petto”. È l’immagine molto significativa scelta per la copertina dell’edizione italiana di questo saggio sulla Hispanidad, ma García Morente avverte che, pur trattandosi di “simboli eloquenti”, essi sono inevitabilmente legati ad un luogo, un momento, o un aspetto della realtà, e propone di fare riferimento, più che ad un’immagine, ad un “tipo ideale”, cioè “un uomo che, vivendo nella nostra mente con tutti i caratteri della realtà (…) non sia di oggi o di un tempo e di un luogo determinato (…) [ma ] “ il disegno ideale ed individuale del quale, in fondo all’anima, ogni Spagnolo desidera far parte”. (LN124/18).