(Lettera Napoletana) La Fondazione Banco di Napoli, presieduta per 13 anni (dal 2000 al 2013) da Adriano Giannola, attuale presidente dello Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno), ha rinunciato ad esercitare un’azione legale nei confronti del Ministero del Tesoro volta ad ottenere un risarcimento danni per la contestata asta con cui il Banco di Napoli fu svenduto nel 1997 alla cordata INA-BNL per 61, 4 miliardi di lire ( circa 30 milioni di euro), facendo così andare in prescrizione il diritto a proporre l’azione stessa.
L’accusa viene dall’attuale presidente della Fondazione Banco di Napoli, prof. Daniele Marrama, in carica dal luglio 2013, in un’intervista al “Corriere del Mezzogiorno” (11.10.2016).
Il danno potenziale procurato alla Fondazione Banco di Napoli, che all’epoca deteneva il 60% della proprietà del Banco – secondo Marrama – è di circa 200 miliardi di lire (100 milioni di euro).
«Negli anni precedenti alla mia gestione – ha detto il prof. Marrama – i vertici della Fondazione hanno inviato richiesta di interruzione dei termini di prescrizione alla Consob ed alla Banca d’Italia aventi ad oggetto esclusivamente contestazioni legate ad una non corretta vigilanza (affidata alla Banca d’Italia, n.d.r.). Una vigilanza che, tra l’altro, un esperto come Adriano Giannola ha sempre affermato che fosse avvenuta in maniera corretta, sostenendo che l’ispezione che fece emergere il “buco” del Banco, alla quale era lui stesso presente, non fu “calcata”».
Giannola, che dal 1995 al 1997 fu consigliere del Banco di Napoli, chiedeva dunque l’interruzione dei termini della prescrizione per eventuali contestazioni all’ispezione della Vigilanza della Banca d’Italia, che però ha affermato di ritenere corretta. Nulla fu fatto dalla Fondazione Banco di Napoli, da lui presieduta, invece, per impedire la prescrizione di un’altra azione legale, quella relativa all’asta che regalò il Banco alla cordata INA-BNL (Banca Nazionale del Lavoro).
Nel suo libro “La bad bank dei miracoli. Il caso Sga” (goWare, Firenze 2016) la giornalista Maria Rosaria Marchesano ha ricordato che nel 1994 il Banco di Napoli fece registrare (a causa della supervalutazioone dei crediti difficilmente esigibili effettuata dagli ispettori di Bankitalia) un passivo di 1174 miliardi di lire, ma fu acquistato – con il consenso di Bankitalia e del Ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi – dalla BNL che nel 1997 chiuse il bilancio con un passivo di 2803 miliardi di lire.
Nel novembre del 2000 il Banco di Napoli fu rivenduto al Sanpaolo di Torino (poi confluito nel gruppo Intesa Sanpaolo) per circa 3 miliardi di euro. Il titolo del Banco uscì dalla Borsa, le azioni del Banco di Napoli, possedute da migliaia di risparmiatori meridionali, andarono in fumo. Il 31 dicembre 2002 il Banco di Napoli fu incorporato nel Sanpaolo- Imi. Finì così la storia di 500 anni della più importante istituzione finanziaria del Sud e di uno dei più antichi istituti di credito d’Europa.
I crediti deteriorati del Banco di Napoli furono stimati dagli ispettori della Banca d’Italia in 6,4 miliardi di euro. Il Ministero del Tesoro, guidato da Ciampi, nel 1996 costituì per il loro recupero una SGA (Società per la gestione delle attività) (cfr. “Sud: libro conferma, il Banco di Napoli fu svenduto”, LN100/16)
Il resto è storia recente, la SGA, contro ogni previsione di Bankitalia e degli analisti finanziari ha recuperato da allora il 90% dei crediti deteriorati per un totale di quasi 6 miliardi di euro, realizzando utili netti per circa 600 milioni, “una cifra – scrive Maria Rosaria Marchesano – destinata ad aumentare perché mancano all’appello ancora 4-5 mila pratiche che si annunciano redditizie”.
Gran parte di quei soldi (500 milioni) sono stati destinati dal Governo Renzi a finanziare il Fondo di investimento Atlante 2 creato per salvare le banche del Centro-Nord, e principalmente il Monte dei Paschi di Siena, prossime al fallimento, con un nuovo trasferimento di risorse raccolte al Sud, così come era avvenuto con la svendita del Banco.
La Fondazione Banco di Napoli (che svolge solo attività sociale e culturale) ha deciso di chiedere al Ministero dell’Economia e della Finanza un indennizzo per la sua partecipazione “pari al 70% delle azioni” del Banco di Napoli” che fu azzerata (“Il Mattino”, 28.10.2016).
Adesso, insieme a qualche tardiva voce politica (un’interrogazione al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sulla destinazione dei fondi della SGA (controllata al 100% dal Ministero) è stata rivolta da 10 deputati di Fratelli d’Italia, primo firmatario Giorgia Meloni, mentre Forza Italia ha tenuto il 25 ottobre a Napoli un convegno su “La stangata, Storia di banche e imnprese al Sud”) si fa sentire anche Giannola. Il presidente dello Svimez “scopre” lo scippo del Banco di Napoli e rivendica adesso un indennizzo per gli utili realizzati dalla Società per il recupero dei crediti, ma sono lacrime di coccodrillo.
Nulla aveva fatto nel decennio da presidente della Fondazione Banco di Napoli, lasciando scadere i termini per l’interruzione della prescrizione relativa all’azione legale per l’asta di vendita del Banco. E mai avevano alzato la voce sulla svendita del Banco, oltre a lui, altri “meridionalisti” del giro Svimez come Gianfranco Viesti o Isaia Sales, sottosegretario al Tesoro dal 1996 al 1998 e poi consigliere economico del presidente della giunta regionale della Campania Antonio Bassolino.
Tra il 2012 ed il 2014, Adriano Giannola era nel direttivo di SRM (Studi e Ricerche Mezzogjorno), il Centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo. Viesti è tuttora componente del Comitato scientifico del Centro Studi del gruppo bancario piemontese-lombardo. Ex presidente della Fiera del Levante di Bari, candidato di Piero Fassino alla guida della Regione Puglia, Viesti inaugurava a Napoli Banca Prossima, la Banca di Intesa Sanpaolo dedicata al Terzo Settore.
Intanto, giornalisti-scrittori “meridionalisti”, orfani della Cassa per il Mezzogiorno, e la quasi totalità dei politici eletti al Sud presentavano come difensori del Sud questi “meridionalisti” del Sanpaolo di Torino. (LN105/16).