(Lettera Napoletana) Le elezioni politiche italiane (4 marzo 2018) saranno decisive per il Sud ? Sicuramente no. Senza una nuova classe politica, nata dalla cultura e dalla Tradizione che hanno fatto grande la sua storia, fino all’esperienza del Regno delle Due Sicilie, e non inquinata dalle ideologie che hanno prodotto il cosiddetto Risorgimento, l’unificazione ed il conseguente sottosviluppo economico, il Sud non potrà cambiare la sua condizione di fondo.

Ciò nonostante, finché il Sud sarà parte del sistema Italia le politiche nazionali in materia di sviluppo economico, scuola e formazione, natalità, fisco, immigrazione continueranno ad influenzarne la qualità della vita ed a renderne più o meno difficili le possibilità di sviluppo.

Le scelte alle elezioni del 4 marzo per chi ha a cuore il riscatto del Sud vanno fatta dunque sulla base del prevedibile impatto dei programmi sul Sud stesso. Una dipendenza ancora maggiore dell’Italia dall’UE, che punta alle grandi concentrazioni industriali e bancarie, danneggerebbe il nostro tessuto industriale, composto da piccole e medie imprese. Le direttive UE sempre più favorevoli alle concentrazioni bancarie di Basilea 2 e Basilea 3 finiranno per distruggere anche il poco che resta di banche meridionali.

Per la stessa ragione una tassazione più bassa e non progressiva (flat tax) favorirebbe le imprese del Sud molte delle quali sono a conduzione familiare.

La prosecuzione delle politiche dell’immigrazione dettate dalla UE, che hanno assegnato all’Italia il ruolo di approdo del flussi di immigrati nord e centro- africani aumenterà il degrado delle città meridionali dove già oggi gli immigrati africani fanno da manovalanza alla criminalità organizzata, dalla vendita di prodotti contraffatti allo spaccio delle droghe cosiddette leggere, a reati predatori come scippi e borseggi, in un processo di progressiva sostituzione etnica ai livelli più bassi della criminalità organizzata che si può constatare nei mattinali della Polizia.

L’immigrazionismo, un progetto ideologico di ibridazione di razze e culture, finanziato da potenti lobbies transnazionali come la Fondazione Open Society del finanziere George Soros, nel cui board è presente la radicale Emma Bonino, e sostenuto dalle ONG, ha come obiettivo il dissolvimento delle identità nazionali, compresa quella del Sud, ed usa come braccio armato i movimenti “antirazzisti” che intimidiscono e demonizzano, con la complicità del mass-media mainstream chiunque si opponga a questo disegno.

Una proposta in circolazione sul Web chiede l’assegnazione del 34% degli stanziamenti per opere pubbliche al Sud in considerazione del fatto che, nell’attuale Meridione d’Italia, risiede il 34% delle popolazione. Attualmente gli stanziamenti ammonterebbero al 28%.

Anzitutto, si tratta di una proposta minimalista. Al Sud debbono essere restituite le industrie, i centri direttivi, le banche, che sono state smantellate e trasferite al Nord con l’unificazione ed ancora negli anni ‘80 e ‘90 e costituiscono la condizioni per uno sviluppo autopropulsivo.

Ma la proposta – che non a caso è stata firmata dal presidente della Giunta regionale della Puglia Michele Emiliano, dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris, e da alcuni orfani della Cassa per il Mezzogiorno – è sbagliata in radice perché punta a consolidare l’attuale classe politica meridionale, legata a doppio filo, dall’unificazione in poi, ai partiti nazionali, in un rapporto di scambio (organizzazione del consenso politico in cambio della gestione delle risorse pubbliche).

Questo scambio fondi pubblici-consenso elettorale tra le lobbies e le consorterie che vollero il cosiddetto Risorgimento e poi i partiti nazionali da esse derivati (basti ricordare che il Partito d’Azione, da cui è uscita una parte rilevante dei politici italiani fu fondato da Mazzini ed aveva nella sue fila Garibaldi) e classe politica meridionale è stato decisivo.

Lo ha riconosciuto lo storico (liberale) Paolo Macry, in un saggio scritto per l’anniversario dei 150 anni dell’unificazione italiana. «L’élite di governo, che soffre di un cronico deficit di radicamento, distribuirà alle periferie – e sempre più alle periferie meridionali – quantità crescenti di risorse pubbliche, ricavandone legittimazione e consenso elettorale. (…) Da una parte – aggiunge Macry – la distribuzione di risorse pubbliche finirà per diventare il surrogato politico di una crescita economica autoctona, finendo per frenare storicamente le modernizzazione del Mezzogiorno. Dall’altra garantirà una sopravvivenza artificiosa proprio di quelle élite locali che sono uno dei principali artefici del divario tra nord e Sud» (Unità a Mezzogiorno. Come l’Italia ha messo insieme i pezzi, Il Mulino, Bologna 2012, pag. 13).

La stagione dell’“intervento straordinario nel Mezzogiorno”, rimpianta oggi da un sottobosco politico-affaristico che si è arricchito grazie ad essa ed oggi si raccoglie nei “meridionalisti” dello Svimez, ha coinvolto in questo meccanismo di scambio la grande industria del Nord. Uno studio dell’imprenditore Gennaro Zona, “Come ti finanzio il Nord” (Edizione Scientifiche Italiane, Napoli 1997) ha documentato con cifre e dati il funzionamento della Casmez.

Il suo risultato è stato una relativa (ed ancora insufficiente) infrastrutturazione del Sud senza l’assegnazione di centri direttivi, nella prospettiva di rafforzare il mercato di sbocco della grande industria del Nord, la fortuna politica e spesso l’arricchimento personale del ceto politico meridionale, ed il consenso assicurato ai partiti nazionali.

Le seconde e terze linee di quel ceto politico, da Emiliano, che con le sue giravolte impersona la continuazione del trasformismo politico meridionale, a De Luca, agli altri “cacicchi” (la definizione è del padrino politico di entrambi, Massimo D’Alema) che governano le Regioni del Sud, ma anche nuove leve come De Magistris, che ha portato alla bancarotta il Comune di Napoli in sei anni di gestione, oggi puntano a continuare lo stesso scambio.

Assegnare più risorse a questi personaggi significa perpetuare il loro potere. L’uscita dalla condizione di sottosviluppo ed il riscatto non arriveranno certamente da politici come loro. Che sono una parte importante del problema del Sud. Non certo la soluzione. (LN 119/18)