(Lettera Napoletana) Poco più di 500 persone hanno partecipato sabato 28 gennaio a Napoli al “rito laico” che ha sostituito il funerale dell’avvocato Gerardo Marotta, fondatore dell’Istituto per gli Studi Filosofici. In poco più di 100 si sono ritrovati nel salone di Palazzo Serra di Cassano dove per tre giorni è rimasta esposta la bara. Queste le cifre effettive, anche se qualche giornale ha scritto di 2 mila persone presenti.
La Napoli reale è rimasta lontana, come in questi 40 anni di attività di un’istituzione estranea alla sua cultura ed alla sua tradizione, che è servita solo a dirottare verso una ristretta ed autoreferenziale cerchia intellettuale ed affaristica enormi risorse pubbliche, sottraendole alla città.
Un funerale è per definizione una occasione triste, ma la cerimonia “laica” scelta per Marotta è stata lugubre. Neanche una croce a Palazzo Serra di Cassano, solo un ritratto abbozzato dietro la bara, pochissimi fiori, la musica di Mozart (“per sua scelta”) in sottofondo. “Tu per noi sarai per sempre”, ha scritto su un biglietto la pubblicista Antonella Orefice che si firma “repubblicana ed antiborbonica” ed ha ripubblicato “Il Monitore”, il giornale sul quale la giacobina Eleonora Pimentel Fonseca incitava allo sterminio dei “lazzari”. A quali appartenenze si riferisca quel “noi” si può immaginare. Il “Collegio dei Maestri Venerabili” del Grande Oriente d’Italia di Campania e Lucania ha ricordato Marotta con un necrologio su “Il Mattino” (28.1.2017).
Quegli stessi organi di informazione che hanno costruito in questi decenni, grazie a massicce inserzioni pubblicitarie, il mito dell’Istituto degli studi filosofici hanno cancellato ogni voce diversa dall’adulazione. “Il Mattino” ha definito Marotta “un maestro” (ma di che cosa?) e lo ha ribattezzato “il giacobino mite”. Una definizione che non sarebbe piaciuta neanche a lui, che parlava di “vendicare il ‘99” e si descriveva “assediato dai Lazzaroni” (“Il Mattino”, 5.5.2004).
“La Repubblica” ha superato se stessa attribuendogli “40 anni di battaglie per il Sud e contro i poteri forti” (27.1.2017). Ma con il meridionalismo l’avvocato Marotta – che riduceva la grande storia di Napoli e del Sud alla effimera repubblica giacobina del 1799 ed al cosiddetto Risorgimento – non c’entrava niente. Quanto ai “poteri forti”, ne era un esponente di prima fila, appartenendo a quella borghesia parassitaria meridionale che vive dall’unificazione in poi intercettando le risorse pubbliche ed assicurando in cambio il consenso intellettuale e politico allo Stato centrale.
Nessun giornale ha neanche accennato un bilancio dell’attività dell’Istituto, fondato nel 1975 dall’ex avvocato amministrativista che realizzava gli espropri per conto delle giunte del comunista Maurizio Valenzi (1975-1983) a contadini e piccoli imprenditori agricoli. Eppure il massiccio drenaggio di finanziamenti pubblici operato dall’Istituto di Marotta a danno delle istituzioni culturali di Napoli e del Sud aveva suscitato spesso proteste. “L’Istituto di Studi filosofici – denunciò lo storico Paolo Macrì, docente all’Università Federico II – elargisce a pioggia centinaia di incarichi scientifici e didattici dal contenuto molto confuso, finendo per pagare tutto un ceto intellettuale, materialmente o ideologicamente che sia (…) Di suo l’Istituto ci mette un’accorta politica dell’immagine costruita attorno a qualche personaggio eminente” (Corriere del Mezzogiorno 1.10.2000).
“L’Accademia, il Conservatorio sono la storia di questa città da 300 anni – denunciò il direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, Gianni Pisani – e questi si spartiscono i fondi come se fossero cosa loro, tra loro” ( “La Città”, 14.6.1996).
La classe politica ha fatto il resto, mescolando opportunismo ed ignoranza: tra i primi a recarsi ad omaggiare la salma di Gerardo Marotta è stato Antonio Bassolino. Per lui Marotta organizzò nel 1999, bicentenario della “Repubblica Partenopea”, la messa in scena della riapertura del portone di Palazzo Serra di Cassano che affaccia su via Egiziaca a Pizzofalcone.
Il portone fu chiuso in segno di lutto dalla famiglia dopo la decapitazione del marchese Gennaro Serra di Cassano, che si era schierato con giacobini e francesi e comandava la “Guardia repubblicana”. Marotta presentò la riapertura come un omaggio al “rinascimento napoletano” di Bassolino. Ma si trattò di una farsa. Il portone, in realtà, era stato aperto più volte nei decenni precedenti e l’unica ragione per la quale restava chiuso erano motivi di sicurezza.
I rapporti tra Bassolino e Marotta peggiorarono drasticamente nei primi anni del 2000, quando la Giunta regionale della Campania presieduta da Bassolino tagliò drasticamente i finanziamenti all’Istituto per gli Studi Filosofici in seguito al rifiuto dell’avvocato di accogliere nel comitato direttivo alcuni docenti universitari legati ai Ds, che il partito aveva necessità di ricollocare. Marotta rispose con una serie di interviste-invettiva contro i politici, la borghesia “insensibile alla cultura”, i “lazzari” che lo “assediavano”, e con appelli firmati dagli stessi intellettuali che frequentavano, ben remunerati, l’Istituto per le inutili conferenze e seminari (negli anni ‘90 gli studenti che vi partecipavano, provenienti dalle Università, venivano retribuiti con borse di studio di 400mila lire) utili a gettare fumo negli occhi sull’attività scientifica.
Anche il Ministero per i Beni culturali contestò all’Istituto per gli Studi Filosofici la mancanza di trasparenza e l’assenza di rendiconti e giustificative a fronte dei massicci finanziamenti che continuava a sollecitare ed a ricevere.
Le somme che l’Istituto continuava a divorare restavano comunque enormi. Uno schieramento politico trasversale, che aveva come perno la sinistra, ma pescava anche nel centrodestra, come nello schema delle logge massoniche, lo sosteneva in Parlamento. Nel 2001 il deputato dei DS Salvatore Vozza presentò un emendamento che prevedeva l’erogazione di 5 miliardi di lire in tre anni all’avvocato Marotta, il deputato di Forza Italia Antonio Marzano (emendamento 72/121 alla Finanziaria 2001) propose di assegnargli 20 miliardi di lire.
L’Istituto di Marotta è tra i pochi in Italia ammesso a godere anche dei fondi dell’8 per mille. Nel 1999 la distribuzione dei fondi fruttò un miliardo all’Istituto, secondo quanto risulta dall’elenco della Presidenza del Consiglio. Nello stesso anno la Società geografica italiana, unico ente che si occupa di geografia, ottenne 199 milioni (“Roma”, 27.10.2001).
Secondo dati forniti dallo stesso Marotta in un’intervista a “la Repubblica” (12.6.1996) solo nel 1994 all’Istituto per gli Studi filosofici furono assegnati 5 miliardi di lire dal Ministero della Ricerca scientifica, 260 milioni dal Ministero per i Beni culturali. L’avvocato si lamentava. Negli anni precedenti il Ministero per i Beni culturali gli assegnava 340 milioni. Ma in cambio di che cosa? A dirigere l’“attività scientifica” dell’Istituto dietro lo schermo di un “Comitato scientifico” nel quale figuravano alcuni docenti universitari era un professore di liceo, Antonio Gargano, poi estromesso negli ultimi anni dal cerchio magico-familistico del nipote e di due dei figli dell’avvocato 89enne, che avevano di fatto assunto il controllo amministrativo.
Le cifre erogate alla creatura di Marotta nessun Istituto universitario, nessuna Istituzione culturale, a Napoli e nel Sud, le ha mai potute immaginare. Quelle erogazioni a senso unico hanno bloccato ogni progetto vero per la cultura, in una città che non aveva un Museo civico, dove il Museo Filangieri stava per chiudere ed altri, come San Martino tenevano gran parte delle sale chiuse per mancanza di personale. Una città che ha circa 200 chiese chiuse, abbandonate, stravolte nella destinazione d’uso, che dal 1994 non ha più un’Orchestra Stabile dopo la decisione della Rai di tagliare la Scarlatti che costava un miliardo all’anno, una città che non aveva un Teatro stabile, e dove l’editoria cominciava a boccheggiare.
C’è una controstoria tutta da scrivere sulla realtà di questo baraccone multicolore che la “magia della parola” dei mass-media, le complicità e l’ignoranza dei giornalisti hanno trasformato in un “tempio della cultura. Quanto è costato in 41 anni l’Istituto per gli Studi filosofici ? Come sono stati impiegati i finanziamenti pubblici ? Qual è il suo bilancio scientifico, in termini di ricerche e di pubblicazioni, di studiosi formati? Quali erano i criteri per la cooptazione nel ristretto gruppo che lo gestiva, quali appartenenze contavano?
Sabato 28 gennaio a Palazzo Serra di Cassano, il figlio dell’avvocato Marotta, Massimiliano, che adesso insieme ai fratelli e ad una piccola corte si candida a gestire i nuovi finanziamenti già annunciati, senza avere alcun titolo scientifico, ha accolto un perplesso presidente della giunta regionale della Campania Vincenzo De Luca con la retorica dei “paglietta” (come Re Ferdinando II di Borbone chiamava gli avvocatucoli liberali).
“L’Istituto ha una sola funzione – ha detto stentoreo Marotta junior – quello di portare la filosofia in soccorso dei governi, come diceva Filangieri”.
Finora, però, sono stati i governi e gli enti locali, con i soldi dei cittadini, ad andare in soccorso dell’Istituto e della famiglia Marotta. (LN108/17).