(Lettera Napoletana) – Per l’aeroporto di Napoli-Capodichino – quasi 11 milioni di passeggeri a Marzo 2019, appena 257 mila quest’anno per l’epidemia di Covid 19 – la ripresa non comincerà neanche il 3 giugno, con la cosiddetta Fase 2. Prima dell’epidemia da Coronavirus, Capodichino contava su 106 destinazioni, assicurate per oltre il 90% da compagnie estere, che riprenderanno a volare da Napoli solo a partire dalla metà di giugno. Ma la ripresa sarà lenta, legata ai flussi turistici, per ora fermi in Campania, e questo significa anche una drastica riduzione dei voli charter nel periodo cruciale, quello estivo.
E Alitalia, la compagnia “di bandiera”? Ha abbandonato Capodichino, Reggio Calabria, Catania e gli altri aeroporti del Sud da tempo. A Capodichino, Alitalia assicura in tempi normali solo due collegamenti: uno con Roma – che serve alla compagnia per raccogliere passeggeri dal Sud per le proprie destinazioni internazionali – ed uno con Milano Linate. Tutto il resto la Campania ed il Sud se lo erano assicurati grazie ad un turismo in crescita e ad un’economia con qualche segnale di vitalità.
Dal “sistema Italia” a Capodichino, ed agli altri aeroporti del Sud, non verrà nessun aiuto. Anzi. La ricapitalizzazione di Alitalia, prevista dal Governo Conte con il Decreto-rilancio (DL 19 Maggio 2020 n. 34) che stanzia 3 miliardi per l’ennesimo salvataggio della compagnia aerea, significherà la sua statalizzazione, e questo comporterà – come segnala un articolo de “Il Mattino” (21.5.2020) regole “che riducono la concorrenza alla nuova Alitalia mettendo fuori gioco le compagnie low-cost”. In che modo? attraverso i diritti pagati dalle Compagnie aeree e le tasse aeroportuali, voci importanti nei bilanci. Le compagnie low cost, come Easy Jet, che dal 2014 ha una base a Napoli ed assicura 21 destinazioni, Volotea (21 destinazioni) e Ryanair (17 destinazioni, con 2 milioni di passeggeri nel 2019) sarebbero penalizzate da una compagnia aerea di Stato, che tornerebbe ad operare con condizioni di semi-monopolio. Come ai bei tempi (per Alitalia) in cui i residenti in Campania, Calabria, Basilicata erano costretti a raggiungere Roma in treno per poter partire per una qualunque destinazione internazionale, ed un volo Milano-Napoli costava l’equivalente di 300 euro odierni.
Un disegno di legge, che prevede la delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di trasporto aereo, è stato presentato il 5 febbraio dalla senatrice del Movimento 5 Selle Giulia Lupo, una ex assistente di volo di Alitalia. Con un regime di nuovo favoritismo statale per Alitalia, Capodichino non potrebbe più aspirare ai livelli di traffico raggiunti, né sarebbe possibile la crescita dell’aeroporto di Salerno-Costa d’Amalfi, dove dovrebbero essere trasferiti i charter. Ed il colpo sarebbe durissimo per gli aeroporti di Lametia Terme, di Reggio Calabria, di Catania – uno degli scali aerei che ha fatto registrare la maggiore crescita di passeggeri negli ultimi anni, e Palermo. Tutti aeroporti del Sud, da dove Alitalia, compagnia di una bandiera ammainata da tempo, è fuggita.
Facendo leva solo sulle attrattive del proprio territorio, ed in parte sui settori vitali della propria economia, il Sud è riuscito nell’ultimo decennio a creare una rete di collegamenti internazionali grazie alle compagnie straniere. Adesso il sistema Italia del Governo Conte, statalista e neo-monopolista, la colpisce direttamente, dopo aver prelevato altri tre miliardi dalle tasche dei contribuenti, anche meridionali, per rifinanziare il pozzo di San Patrizio di Alitalia. “Fare squadra, fare sistema” era il mantra di Luca Cordero di Montezemolo, quando era presidente di Confindustria. Fare sistema? Per il Sud, il sistema Italia nel trasporto aereo significa perdere gran parte di quello che si è costruito. Il Sud deve fare sistema con se stesso. (LN146/20)