(Lettera Napoletana) La nuova dirigenza della Fondazione Banco di Napoli ha citato in Tribunale il MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) con una richiesta di indennizzo di un miliardo di euro per i crediti recuperati del Banco di Napoli, del quale la Fondazione era il principale azionista.

Il Banco di Napoli fu dichiarato fallito nel 1996 dal Ministero del Tesoro retto da Carlo Azeglio Ciampi, svenduto nel 1997 alla cordata INA-BNL (Banca nazionale del Lavoro) per 61,4 miliardi di vecchie lire (circa 30 milioni di euro) e poi rivenduto, a novembre del 2000, al Sanpaolo-IMI di Torino per 3mila 600 miliardi di vecchie lire.

I crediti dichiarati inesigibili dal Ministero, e stimati in circa 6 miliardi di euro, furono affidati ad una bad bank, la SGA (Società di gestione attivi S.p.a), oggi AMCO (Asset Management Company), che ne ha recuperato il 93% circa ed ha concluso la sua attività nel 2009. La legge 588/1996 sulla ristrutturazione e vendita del Banco prevedeva, al termine dell’attività di recupero, un rimborso agli ex-azionisti che non è mai avvenuto.

Invece, i crediti recuperati sono stati utilizzati dal Governo Renzi, nel 2016, per rifinanziare – tramite i fondi d’investimento Atlante 1 ed Atlante 2, creati per il salvataggio delle banche in crisi – il Monte dei Paschi di Siena, e poi dal Governo Gentiloni, nel 2017, per il salvataggio di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza.

Oggi la Fondazione Banco di Napoli custodisce l’importantissimo archivio dei Banchi napoletani, dal 1573 in avanti, quello che resta dell’Istituto di credito più importante del Sud, che non esiste più dal 31 dicembre 2002, quando fu incorporato dal Sampaolo IMI.

LETTERA NAPOLETANA ha rivolto alcune domande al prof. Orazio Abbamonte, docente all’Università Luigi Vanvitelli e consigliere generale della Fondazione Banco di Napoli.

D. La richiesta di risarcimento della Fondazione Banco di Napoli ha il significato di un risarcimento storico per i Meridionali?

R. Certamente, come ha affermato il presidente Rossella Paliotto, questa iniziativa giudiziaria si sostanzia anche di un valore morale. Quella vicenda ha lasciato tutti molto perplessi già all’epoca in cui fu condotta a termine. Oggi che la gran parte dei crediti del Banco di Napoli è stata recuperata, sono ancora più fondati i dubbi sull’esistenza delle condizioni per la vendita a prezzo vile del Banco alla BNL e poi da questa a peso d’oro, di lì ad un paio d’anni, rivenduto al San Paolo di Torino. Del resto il Banco di Napoli, poco prima delle ispezioni che ne decretarono la cessione al Tesoro ed alla BNL, aveva subito un’altra ispezione, sempre della Banca d’Italia, che non aveva ravvisato particolari criticità. Sì, la Fondazione ha certamente agito per far valere diritti che sono in certa misura anche del Mezzogiorno.

D. Perché si è arrivati solo ora alla richiesta di indennizzo da parte della Fondazione?

R. Perché le precedenti gestioni hanno molto tentennato sul punto. Certo, non è un’azione semplice, ed in passato non si è nemmeno avuto cura di evitare che si formasse la prescrizione per eventuali pretese da far valere nei confronti della Banca d’Italia. Ma è una domanda che andrebbe rivolta più ai precedenti presidenti e consiglieri di amministrazione che a me.

D. I crediti recuperati del Banco di Napoli sono serviti – come lei ha scritto in passato (“I soldi del Mezzogiorno per le banche del Nord”, Roma, 01.08.2018) – al salvataggio del Monte dei Paschi di Siena. È una storia che si ripete?

R. Sì, quei denari sono andati nel Fondo Atlante e di lì usati per il salvataggio di più d’un istituto del Centro-Nord. Non è una bella storia; dapprima il Banco di Napoli ha di fatto arricchito la Banca Nazionale del Lavoro; poi, una seconda volta, i crediti recuperati – quegli stessi crediti considerati tanto deteriorati da permettere nel 1996 la svendita di cui ho detto – sono stati utilizzati per salvare altre banche o loro azionisti, sempre del Centro-Nord. Insomma, qualcosa di non proprio edificante, che finisce con il riprodurre un antico modello operativo, iniziato con l’Unità d’Italia.

D. Il Principe Mariano Windisch-Graetz, che era il primo azionista privato del Banco di Napoli, ha detto in una intervista (“Il Mattino”, 14.09.20) che la svendita del Banco è stata “la maggiore truffa dello Stato ai danni di una delle più grandi banche del Paese. Condivide il giudizio?

R. Non posso giungere ad affermazioni così forti; cert’è che il Banco, venduto al Tesoro ed alla BNL per una sessantina di miliardi, due anni dopo è stato negoziato per oltre 3.000 miliardi di vecchie lire.

D. In un articolo sul “Roma” sulla vicenda del MPS rifinanziato con i crediti del Banco di Napoli, lei si chiedeva dove fosse la classe politica meridionale, rimasta in silenzio. Sulla richiesta di indennizzo avanzata dalla Fondazione, ci sono state reazioni da parte dei politici?

R. Direi che il silenzio è stato totale. Ma i parlamentari meridionali, storicamente, non si sono distinti nella difesa degli interessi del Sud. Dunque, direi che non c’è troppo da sorprendersi. (LN152/20)