(Lettera Napoletana) Il centenario della nascita di Francisco Elías de Tejada (1917-1978) viene ricordato con iniziative in diverse Università tra Europa ed Ispano-America.
Nato a Madrid con antenati napoletani, filosofo della politica, giurista, storico, docente universitario, conoscitore di un gran numero di lingue antiche e moderne e dotato di una straordinaria capacità di lettura, Tejada è stato uno dei più grandi ingegni della cultura cattolica e tradizionalista del secolo scorso.
A Napoli trascorse quasi 10 anni per le sue ricerche sul Regno di Napoli e la Hispanidad raccolte nella fondamentale opera “Nápoles Hispanico” in cinque volumi, pubblicati tra il 1958 ed il 1964 con la moglie napoletana Gabriella Pèrcopo (Ediciones Montejurra, Sevilla)
Il quinto ed ultimo volume della traduzione italiana di “Nápoles Hispanico”, è appena stato pubblicato dalle Edizioni Controcorrente (“Napoli Spagnola. Le Spagne infrante 1621-1655”, Napoli 2017, a cura di Alberto Cucchia, pp. 624, € 25).
Un convegno di studi su “Diritto naturale e storia in Francisco Elías de Tejada” si è svolto il 23 maggio all’Università Federico II di Napoli con la partecipazione di studiosi spagnoli ed italiani. Tra essi Miguel Ayuso, (Universidad Comillas, Madrid), Consuelo Martínez Sicluna (Universidad Compliutense, Madrid), Giovanni Turco (Università di Udine) e Carmela Maria Spadaro (Università Federico II).
LETTERA NAPOLETANA ha rivolto alcune domande al professor Miguel Ayuso, docente di Scienza della politica e Diritto Costituzionale e presidente della Fundación Francisco Elías de Tejada.
D. Quale eredità intellettuale e di opere ha lasciato Tejada ?
R. Una produzione di notevole valore sia nel campo della filosofia giuridica e politica, che nel campo della storia delle dottrine politiche. Ma Francisco Elías de Tejada fu anche un manager intellettuale di primo piano per il Carlismo e, più in generale, per il tradizionalismo.
Dal punto di vista della filosofia giuridica postulò un diritto naturale ispanico, cattolico e classico, contrapposto ad un diritto europeo, quello dell’Europa figlia della Riforma luterana e delle sue conseguenze politico-sociali, protestante e moderno. Fu tra i pochi veri cultori di una disciplina che i conservatori liberali, anche in campo “cattolico”, hanno orientato – contraddicendosi e trascurandone il significato profondo – verso la democrazia cosiddetta cristiana (in realtà anticristiana) e i diritti umani (in realtà disumani). Dal punto di vista della filosofia politica, Tejada sostenne la monarchia tradizionale delle Spagne, federativa e missionaria, ed in sede storica approfondì nello studio dei corpi politici, autonomi ma legati ad essa, che la costituivano.
La Fondazione culturale che lui volle creare, ma che a causa della sua morte prematura fu organizzata dalla vedova Gabriela Pèrcopo (una napoletana che lui definiva “spagnolissima”), conserva la sua memoria e continua la sua opera soprattutto con il Consiglio di Studi Ispanici Filippo II, sotto l’alto patronato di S.A.R. Don Sixto Enrique de Borbón.
Tre sono le sezioni nelle quali si articola: Studi di Diritto Naturale (diretta dal magistrato brasiliano Ricardo Marques Dip), Studi Politici (diretta dal friulano prof. Danilo Castellano) e Studi Storici (diretta dall’argentino prof. Juan Fernando Segovia). La presenza del nome del Principe Sisto Enrico di Borbone sottolinea che il legittimismo carlista, professato ardentemente dal prof. Elías de Tejada, continua ad essere coltivato con devozione. La sua memoria intellettuale è presente anche nella rivista Verbo, alla quale Elías de Tejada collaborò frequentemente, fondata da un suo amico e coetaneo, il grande giurista Juan Vallet de Goytisolo, che adesso ho l’onore di dirigere.
D. È appena uscito il quinto ed ultimo volume della traduzione italiana di “Nápoles Hispánico”, monumentale opera dedicata al Regno di Napoli. Che importanza ha quest’opera nel quadro della revisione storica in atto da un paio di decenni di quello che si chiama oggi Sud Italia ?
R. Tejada avrebbe trovato insufficiente il riferimento al Sud perché – come sottolineava proprio all’inizio del primo volume di “Nápoles hispánico” – non è questione di geografia ma di cultura,o meglio, di tradizione. Appunto per questo diceva che Napoli era stata trasformata da Regno a “questione”, quella chiamata “meridionale”.
Si tratta effettivamente di un’opera monumentale. Anzitutto, Elías de Tejada conosceva praticamente l’intera letteratura politica ed anche quella non strettamente politica, della quale riusciva a cogliere il significato politico, del Regno di Napoli durante il periodo ispanico. Era in grado di sintetizzare il pensiero degli autori maggiori, ma anche di quelli minori, che nella loro continuità erano di estrema importanza, e addirittura degli autori che costituivano un’eccezione, e come tali erano interessanti per contrasto. Inoltre, da contrario alla pretesa avalutatività, offriva una chiave di lettura: quella delle Spagne come “Christianitas minor” contro l’Europa moderna, in senso più assiologico che cronologico.
D. Il Regno di Napoli fu inserito per due secoli nella Monarchia federativa delle Spagne. Può sintetizzare le caratteristiche specifiche di questa Monarchia rispetto agli altri Stati europei ?
R. Come ho accennato, le Spagne vanno lette come una continuazione della Cristianità medioevale, la “Christianitas maior”, distrutta da Lutero (separazione di natura e grazia), Machiavelli (separazione di etica e politica), Bodin (assorbimento dei corpi sociali da parte del potere politico), Hobbes (svuotamento della comunità attraverso il consenso individuale) e sostituita dall’Europa degli Stati con la Pace di Westfalia (1648).
Saranno le Spagne, dopo aver tentato di difendere la Cristianità, a conservarne almeno lo spirito. La Spagna non fu tanto uno Stato more moderno, come la Francia, che alla fine prevalse, ma quello che restò di una concezione plurale della Comunità politica, nella quale molteplici corpi politici erano uniti nella fedeltà allo stesso Dio e nella lealtà allo stesso Re.
Elías de Tejada riscopre le tracce di una mentalità comune ispanica in autori tanto napoletani quanto castigliani, portoghesi, catalani o navarresi, della Franca Contea come dei Regni d’Oltremare. Quella delle Spagne era una Monarchia cattolica e missionaria, e, allo stesso tempo, federativa e plurale. Opposta al paradigma della “sovranità”, incarnava la “regalità”.
D. La storiografia idealistica, in Italia fortemente influenza da Benedetto Croce, mantiene viva una “leggenda nera” a proposito della presenza spagnola nella penisola italiana. Come è stata costruito questa mito negativo, ed a che cosa è funzionale ?
R. È una leggenda nera, che si è andata ad aggiungere ad una leggenda nera precedente. E per gli stessi motivi. La leggenda nera di fondo fu diffusa dagli inglesi e dagli olandesi a partire del Cinquecento, ed era un’arma contra la potenza cattolica per antonomasia dell’epoca. La seconda leggenda nera, che si è aggiunta alla prima, ha motivazioni identiche nonostante il declino spagnolo dovuto al liberalismo imposto dall’esterno dopo le invasioni napoleoniche.
Croce era onnipresente a Napoli quando Elías de Tejada cominciò i suoi studi. Riproponeva l’anticattolicesimo funzionale al Regno massonico di Italia. Il Regno delle Due Sicilie, nonostante l’inquinamento moderno che aveva sofferto, e che Elías de Tejada sottolineava anche un po’eccessivamente, sotto molti profili costituiva una continuazione della vecchia monarchia ispanica. Nonostante l’imposizione, voluta dagli inglesi, di un re di Napoli diverso di quello di Madrid, dal punto di vista dinastico rimaneva un vero e proprio rapporto subordinato. È proprio la presenza di un’eredità cattolica ed ispanica che porta i rivoluzionari a invadere il Regno di Napoli, il nemico più odiato insieme alla Sede di Pietro.
Il nazionalismo, poi, avrebbe dovuto cancellare le tracce del passato cattolico ispanico. Non si dimentichi che gli “italiani” nati dal “Risorgimento” si opponevano ai napoletani come agli spagnoli. Elías de Tejada, contrario al nazionalismo, convinto che i popoli non sono nazioni ma tradizioni, e che la tradizione implica una doppia selezione (prima sociologica, e poi etica), segnalava la confusione volutamente introdotta dai garibaldini contro i napoletani e la menzogna intenzionalmente diffusa dai crociani contro gli spagnoli. (LN211/17).
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