(Lettera Napoletana) La storia complessa e travagliata della fondazione della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri a Napoli viene ricostruita in uno studio del giovane studioso Corrado Sedda, novizio degli Oratoriani a Palermo.
“San Filippo a Napoli. L’Oratorio napoletano dalle origini all’autonomia (1583-1628)” (Fede & Cultura, Verona 2019, pp. 292, € 19), utilizza fonti documentali degli archivi degli Oratoriani – a Napoli chiamati da sempre Gerolomini perché a Roma occupavano la chiesa di San Girolamo della Carità – ed un’ampia bibliografia ed offre uno spaccato significativo della vita religiosa a Napoli nell’età della Controriforma.
In realtà – come ricorda subito l’autore – San Filippo Neri (1515-1595) a Napoli non venne mai, ed era contrario alla costituzione di un Oratorio (casa della Congregazione) nella città. Non c’erano ragioni specifiche. La convinzione del Santo era che la formula originale ed innovativa della Congregazione, che a Roma aveva messo radici nel 1564, cioè «una comunità autonoma di sacerdoti secolari senza obbligo di voti, se non la reciproca “libertà nella carità”», e non un ordine religioso, non dovesse essere esportata altrove.
Ma nella Napoli del ‘500, dove operavano grandi figure religiose come San Gaetano Thiene, e la Venerabile Orsola Benincasa, la predicazione e la pietà di quei Padri Oratoriani colti e dottrinalmente saldi, che la domenica riempivano di fedeli la Cattedrale per le loro Omelie, suscitava ammirazione.
Le richieste a San Filippo Neri di autorizzare la costituzione di un Oratorio divennero sempre più insistenti sia da parte di influenti benefattori, e dell’Arcivescovo Mons. Annibale di Capua, che da parte di Ordini religiosi, tra i quali i Gesuiti. I Teatini, che ospitarono i primi allievi di San Filippo Neri giunti a Napoli, ebbero però un ruolo decisivo.
La società civile del tempo si mobilitò per dotare di una sede adeguata la nascente Congregazione. Nobili e maggiorenti della città, insieme all’Arcivescovo, raccolsero con donazioni la somma di 5 500 ducati ed il 29 ottobre 1585 fu acquistato Palazzo Seripando, di fronte al Duomo di Napoli, il nucleo dell’imponente complesso dei Gerolomini.
Alla fine, S. Filippo cedette alle pressioni interne dei Padri Francesco Maria Tarugi e Cesare Baronio, futuri Cardinali, ed esterne, provenienti da Napoli e da Roma, ed autorizzò, pur senza convinzione, la nascita dell’Oratorio di Napoli nel 1586.
Le divergenze tra Napoli e Roma cominciarono subito e vertevano sulla natura della Congregazione. «San Filippo – scrive Corrado Sedda – volle costituire una comunità di preti secolari liberi dalla professione dei voti religiosi (castità, povertà, obbedienza) e tuttavia affini ai consacrati per la dimensione della vita comunitaria e nelle condizioni che impone al singolo».
A Napoli, invece, si assimilavano i padri dell’Oratorio più ai religiosi che ai sacerdoti secolari. Il loro abito era cucito sul davanti, come quello dei religiosi, e comprendeva un cordiglio in vita. Se a Roma l’appellativo per loro era quello di Messere, a Napoli i sacerdoti erano chiamati Padri e il loro stile di vita era sottoposto al controllo del Superiore, mentre a Roma la Congregazione “non si interessava degli affari personali”.
Altre differenze significative riguardavano i novizi, che a Napoli facevano comunità separata dai padri e venivano accettati a 16 anni, mentre a Roma erano integrati nella vita comunitaria dei padri, e le proprietà personali, che a Napoli venivano amministrate dagli interessati, ma con devoluzione dei redditi alla Comunità, mentre a Roma, la Congregazione non si interessava delle finanze dei padri, i quali versavano solo una retta per la presenza nella Casa.
Le differenze che si erano ormai delineate nelle realtà locali dell’Oratorio in Italia furono rilevate da San John Henry Newman (1801-1890), anglicano convertitosi al cattolicesimo e nominato Cardinale, che impiantò l’Oratorio in Inghilterra. La sua riflessione fu – afferma l’autore dello studio – che «l’autonomia delle case era un carattere che comportava inevitabilmente la loro diversificazione sotto più aspetti».
Ma alla fine del ‘500 “le grandi case storiche [dell’Oratorio] erano ancora di là da venire e Napoli fu il primo caso con cui misurarsi…”
Nel 1602 si giunge, di comune accordo, ad una prima separazione tra le case degli Oratoriani di Roma e di Napoli. Quest’ultima fino ad allora era stata considerata una dipendenza della prima, ma solo nel 1612 un Decreto della Santa Sede impose la separazione delle due case, dopo che il Papa Paolo V aveva approvato le Costituzioni della Congregazione.
A Napoli, i Gerolomini proseguirono il loro apostolato, richiamando intorno a sé alcune tra le migliori intelligenze cattoliche. Ai padri Gerolomini era legato Giovanbattista Vico (1668-1744) che abitava poco lontano dal complesso degli Oratoriani. L’autore de “La Scienza Nuova” rappresentava la punta più avanzata della reazione al cartesianismo e nel 1727 convinse i Gerolomini ad acquistare il fondo di Giuseppe Valletta, che comprendeva migliaia di testi di cultura classica, religiosi e letterari, per sottrarli all’incuria de cartesiani. Il fondo andò ad arricchire l’importante Biblioteca dei Gerolomini. Su di essa e sul monumentale complesso degli Oratoriani, una delle realtà culturali più importanti di Napoli, che comprende una quadreria ed un archivio musicale, si cono concentrati gli appetiti di illuministi, liberali, massoni.
Nel 1866, i beni della Chiesa furono espropriati dal nuovo Stato unitario con le leggi eversive del patrimonio ecclesiastico. Ma i Gerolomini hanno continuato ad amministrare biblioteca e quadreria fino al 2012, in collaborazione con il MIbact, quando il pretesto del furto di libri della Biblioteca fu trasformato in una campagna mediatico-giudiziaria che vedeva in prima fila le stesse forze che avevano varato le leggi di soppressione degli Ordini religiosi e la borghesia degli affari che si era arricchita con i beni della Chiesa (cfr. LN 51/12).
Dopo 8 anni il processo sui furti alla Biblioteca dei Gerolomini di Napoli non è ancora terminato. Nel frattempo lo Stato si è impadronito di tutto, dalla quadreria all’archivio musicale, alla Biblioteca, che resta chiusa dal 2012, interrompendo la grande tradizione di fede e cultura di 450 anni della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri a Napoli. (LN146/20).