(Lettera Napoletana) Nel silenzio dei politici e di noti “meridionalisti” si combatte da settimane una dura battaglia all’interno della Fondazione Banco di Napoli, fondazione di origine bancaria, che è quanto resta al Sud del Banco di Napoli, svenduto al gruppo INA-BNL nel 1997 per 61,4 miliardi di lire (circa 30 milioni di euro) e rivenduto da INA-BNL al San Paolo-IMI di Torino - del quale il Banco di Napoli è ormai solo un marchio - per circa 3 miliardi di euro.
La Fondazione Banco di Napoli amministra un patrimonio di oltre 124 milioni di euro (cfr. bilancio 2016), che dovrebbe impiegare per la promozione culturale ed economica nelle Regioni meridionali, rappresentate nel suo Consiglio generale, e per custodire l’importante Archivio Storico. L’archivio raccoglie la preziosa documentazione dei banchi pubblici sorti a Napoli tra il XVI e il XVII secolo, tra i più antichi al mondo.
Sei dei 20 Consiglieri della Fondazione Banco di Napoli (ora ridotti a 17, per le dimissioni avvenute nelle settimane scorsi di tre consiglieri), guidati dal giurista e docente universitario Orazio Abbamonte hanno contestato, prima con un intervento del prof. Abbamonte in Consiglio generale, poi con lettere al MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze), organo di vigilanza sulle Fondazioni bancarie, gli investimenti compiuti dall’attuale presidente della Fondazione Banco di Napoli, Daniele Marrama, in particolare gli 8 milioni di euro investiti in azioni della BRS (Banca Regionale di Sviluppo), della quale Marrama è diventato presidente nel novembre 2016. La Fondazione Banco di Napoli ha acquisito il 29.9% della BRS, diventandone il primo azionista.
Contestato anche l’investimento di un milione di euro ...