AA.VV.

Napoli e le Spagne

Atti del Convegno “Francisco Elías de Tejada: realismo giuridico e istituzioni ispano – napoletane

Presentazione di Juan Vallet de Goytisolo

Introduzione di Piero Di Vona

In collaborazione con la Fundación Francisco Elías de Tejada, Madrid

prima edizione 1999

pagine 108

€ 12,00 – sconto Soci 30%

 

 

 

Il volume raccoglie gli atti del convegno Francisco Elías de Tejada. Realismo giuridico e istituzioni ispano-napoletane, tenuto a Napoli il 15 maggio 1998, nel ventesimo anniversario della morte dello spagnolo Francisco Elías de Tejada, pensatore cattolico di formazione tomista, storico e filosofo del diritto, prolifico autore di saggi e ricerche sulle istituzioni giuridiche, tra le cui opere resta ineguagliato il monumentale Nápoles hispánico, sulla cultura napoletana di età spagnola.

Il volume si compone di 5 saggi brevi:

Miguel Ayuso Torres, Il Realismo giuridico di Elías de Tejada: fondamenti e implicazioni;

Roberto de Mattei, La cristianità come eredità e come prospettiva secondo Elías de Tejada;

Silvio Vitale, Principi e istituzioni della civiltà ispano–napoletana nel pensiero di Elías de Tejada;

Giovanni Turco, Le libertates e la libertè nel realismo giusfilosofico di Elías de Tejada;

Daniela Capaccio, La storiografia napoletana di età spagnola nella ricostruzione di Elías de Tejada

L’argomento

Francisco Elías de Tejada (1917-1978) è stato una delle figure più eminenti del tradizionalismo europeo del XX secolo. Storico e filosofo del diritto, insegnò nelle maggiori Università spagnole e fu autore di un vastissimo repertorio che conta più di trecento opere e che spazia dal diritto portoghese a quello finlandese, dal norvegese a quello brasiliano, dallo studio dei Dayak del Borneo ai Bantù, dal pensiero politico di Campanella, a Vico, a Evola, a Donoso Cortés. Grande viaggiatore e conoscitore di popoli, Tejada ebbe un tenace attaccamento per la città di Napoli, nella quale soggiornò a lungo per i suoi studi, e nutrì un sentimento quasi viscerale per la cultura e la tradizione napoletana, nella quale ritrovava anche le proprie origini familiari.

Nella sua sterminata bibliografia spiccano in modo particolare due opere: il Trattato di filosofia del diritto, rimasto incompiuto, e il monumentale Nápoles hispánico, terminato nel 1964, che può ben essere considerata la più completa e acuta ricostruzione storica, politica e giuridica della Napoli in età spagnola, tra il XV e il XVII secolo.
Tejada ribalta completamente la lettura che la storiografia, illuminista prima e risorgimentale poi, ha dato della cosiddetta dominazione spagnola, che sarebbe stata uno dei periodi più neri dei secoli pre-unitari. Per lo storico e filosofo spagnolo non si trattò di dominazione, di viceregno, ma di federazione e il rapporto non fu di sudditanza ma di condivisione e di pari dignità. Napoli entrò a far parte della Confederazione delle Spagne, che raccoglieva tutti i popoli europei e latino-americani uniti da due vincoli indistruttibili, la fede nello stesso Dio e la fedeltà allo stesso re, conservando però proprie istituzioni, propria autonomia e propria cultura. Nel rispetto della sua tradizione e identità, la Nazione napoletana fu chiamata dai Re spagnoli a continuare la propria missione storica di difesa della Cristianità contro l’espansionismo islamico.

Il brano scelto

Da: Il realismo giuridico di Francisco Elías de Tejada: fondamenti e implicazioni, di Miguel Ayuso Torres

La realtà delle Spagne classiche deve essere guardata necessaria­mente attraverso queste lenti. Perché le Spagne «furono una monarchia federativa e missionaria, varia e cattolica, formata da un manipolo di po­poli dotati di peculiarità di ogni specie (razziali, linguistiche, politiche, giuridiche e culturali) ma tutti uniti da due vincoli indistruttibili: la fede nello stesso Dio e la fedeltà allo stesso re».
Due fatti derivano direttamen­te da ciò che precede: «Primo, la monarchia era tanto varia che persino nei titoli variava, poiché non si aveva Re di Spagna, ma re di Castiglia o di Napoli, duca di Milano o del Brabante, signore di Vizcaya o di Kandi, marchese del Finale o di Oristano, conte di Barcellona o della franca contea di Borgogna; secondo, in ciascuna di queste architetture politiche, le Spagne godettero di autonomia istituzionale e libertà, autonomia e libertà perse da questi popoli, dalla Sardegna all’Artois o dalle Fiandre alla Sicilia, quando la forza delle armi – e sia chiaro mai la volontà dei popoli, sempre spagnolissimi – li fecero uscire dalla confederazione delle Spagne».