(Lettera Napoletana) La Spagna a partire dalle sue origini, dai Visigoti alla Reconquista contro l’Islam, alla civilizzazione delle Americhe, alla Monarchia federativa, ed allo scontro con l’imperialismo protestante anglosassone. La Spagna dei fueros e delle libertà concrete di fronte al liberalismo ed ai nazionalismi, ideologie dell’Europa protestante.
È un grande affresco, tra Storia e filosofia politica, il saggio del filologo e dottore di ricerca dell’Università di Salamanca, Guillermo Pérez Galicia (España: esencia y origen, SND Editores, Madrid 2021, pp. 623, € 29,90)
Nonostante l’ampiezza temporale e di temi affrontati, il libro ha un taglio didattico – come rivendica l’autore nell’introduzione -, che si presta ad un uso nelle scuole superiori, ed è diviso in due parti: la prima è dedicata alle origini ed allo sviluppo della Monarchia Hispanica, cioè delle Spagne, una monarchia federativa al cui interno convivevano più Regni, ciascuno con propri diritti e proprie autonomie, compreso, per circa due secoli, tra ‘500 e ‘700, il Regno di Napoli. La seconda è una analisi delle idee sulle quali si fonda la costruzione ispanica, a confronto con i nazionalismi e l’ideologia liberale da cui essi sono scaturiti.
Un ampio capitolo è dedicato alla “leggenda nera” della conquista delle Americhe ed all’Inquisizione spagnola, due tra i principali miti storiografici alimentati dall’Europa protestante ed “oscurantista” – scrive Pérez Galicia – che giustificava lo schiavismo ed il lavoro minorile con Locke, padre del liberalismo, mentre la Monarchia Hispanica lottava contro la schiavitù fin dai tempi di Isabella la Cattolica (1451-1504).
Quanto all’Inquisizione di Spagna (nei libri di storia non c’è traccia delle orrende esecuzioni nella Ginevra protestante di Calvino), si trattava in realtà del Tribunale che applicò per primo alcune fondamentali garanzie processuali moderne, come il principio per il quale non si può essere condannati senza che sia stata provata la colpevolezza e che il colpevole deve risarcire la società per ciò che le ha tolto. Inoltre, si tace sul fatto che – trattandosi di un Tribunale religioso – al condannato poteva bastare pentirsi per ottenere l’assoluzione, o per ottenere una pena consistente solo nella recita di orazioni a titolo di penitenza.
Studiosi ostili alla Tradizione cattolica e federalista delle Spagne, come il britannico Henry Kamen, hanno ridimensionato qualitativamente e quantitativamente l’immagine, creata dalla pubblicistica protestante, dell’Inquisizione (cfr. Henry Kamen, L’Inquisizione spagnola, trad. it. Feltrinelli, Milano 1979), senza che il loro contributo riuscisse a scalfire, a livello di divulgazione, la leggenda delle orribili torture inflitte agli eretici ad opera degli inquisitori. Ma il Tribunale religioso – ed anche questo viene taciuto – aveva giurisdizione esclusivamente sui battezzati e le carceri dell’Inquisizione erano ben migliori di quelle civili, tanto che i condannati giungevano al punto di fingersi eretici per potervi essere trasferiti. In esse si applicavano già misure come la semilibertà, che permetteva ai detenuti di lavorare all’esterno del carcere e di farvi ritorno solo la notte: “(…) le carceri – scrive Kamen - si trovavano in condizioni non malvage e ciò può spiegare come mai le segrete dell’Inquisizione fossero considerate meno dure e più umane tanto delle prigioni statali quanto delle normali carceri ecclesiastiche” (Kamen, p. 188).
Va poi considerato il dato quantitativo. L’Inquisizione spagnola, attiva tra il 1540 ed il 1700 – rileva Pérez Galicia – “facendo una media delle stime più attendibili, condannò a morte tra le 1500 e le 3000 persone” in quasi tre secoli di attività. Il dato comprende tutti i territori delle Spagne, comprese le Americhe.
Per avere un riferimento numerico, osserva l’autore, solo tra il Settembre 1793 ed il luglio 1794, durante il periodo del “Terrore” della Rivoluzione francese furono uccise circa 40mila persone.
Infine, il capitolo delle torture, amplificate nell’immaginario sull’Inquisizione spagnola da stampe che mostrano donne accusate di stregoneria seviziate con carboni ardenti. Si tratta di produzioni protestanti dei secoli successivi, provenienti da Paesi dove la stregoneria veniva perseguitata molto più che in quelli cattolici. Furono 25mila in tre secoli le condanne a morte per stregoneria in Germania, 1500 in Inghilterra, 27 in Spagna ad opera dell’Inquisizione.
Alla tortura – che al tempo era praticata largamente da tutti i Tribunali – “ furono sottoposti meno del 2% di tutti i condannati dall’Inquisizione”. Uno degli studiosi più ostili all’Inquisizione di Spagna, lo statunitense protestante Henry Charles Lea, ha ammesso: “la credenza popolare sulle camere di tortura dell’Inquisizione come luoghi di straordinarie crudeltà, provocate con mezzi particolarmente ingegnosi per arrecare sofferenza, con uno speciale accanimento per strappare le confessioni, è un errore dovuto a scrittori sensazionalisti, che hanno sfruttato la credulità del pubblico”. Nel suo Directorium Inquisitorum, manuale per i giudici del Tribunale, il frate domenicano Nicolas Eymerich, inquisitore generale di Aragona, aveva scritto: “la tortura è ingannevole ed inefficace”. (LN156/21)
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