Il regime carcerario nel Regno delle Due Sicilie costituì uno degli argomenti di punta della propaganda liberale in tutta Europa.

Proprio sulle carceri il politico inglese William Ewart Gladstone (1809-1858) costruì una gigantesca operazione di disinformazione. Fu lui a rendere famosa l’espressione “la negazione di Dio eretta a sistema di governo”, riferita al governo borbonico e probabilmente presa a prestito in Italia da un giornalista liberale, che fece il giro d’Europa ed ancora viene citata nei testi scolastici, dai sillabari ai manuali universitari. L’espressione è contenuta in due lettere scritte nel 1851 da Gladstone al leader liberale britannico George Hamilton Gordon, Lord of Aberdeen (1784-1860) [cfr. Two letters to the earl of Aberdeen on the state prosecutions of the Neapolitan government, second edition, published by Mr. Murray, London 1851].

In realtà nel 1850-51 Gladstone compì un breve viaggio in Italia e fu anche a Napoli, ma non si recò nelle carceri borboniche, che non conosceva. Nel 1852 ritrattò gran parte di quanto aveva scritto e nel 1888, tornato a Napoli, confessò ai liberali che lo acclamavano di aver scritto le sue lettere a Lord Aberdeen su incarico del leader liberale Henry John Temple, conosciuto come Lord Palmerston (1784-1865), un altro ex conservatore passato ai liberali dopo il licenziamento dal governo, di non aver visitato alcun carcere e di essersi limitato a dare per visto quanto gli avevano riferito i liberali di Napoli.

L’impatto dell’opera di disinformazione di Gladstone fu tanto maggiore in quanto nel 1851 il parlamentare inglese era classificato tra i conservatori. In realtà era già in fase di passaggio verso lo schieramento liberale, al quale aderì nel 1859.

Nelle Due Lettere a Lord Aberdeen – che sono da considerarsi tra i maggiori falsi storiografici moderni – Gladstone fa riferimento tra l’altro al liberale Carlo Poerio, detenuto nel carcere di Nisida per essere stato tra i promotori della fallita rivoluzione del 1848.

Proprio di Poerio riportiamo dal saggio dell’irlandese Patrick Keyes O’Clery questa insospettabile testimonianza sulle condizioni della sua detenzione nelle carceri dei Borbone. Si tratta di una lettera scritta ad un parente dalla prigione di Montesarchio, dove era stato trasferito, l’8 aprile 1857: «Ho ricevuto la vostra lettera del 1° di questo mese, che mi è giunta non so dire quanto gradita. Sono lietissimo di sentire che la Vostra preziosa salute vada sempre di bene in meglio e posso assicurarvi che è lo stesso di me. Oggi abbiamo avuto una magnifica giornata di primavera e ho avuto la consolazione di passeggiare a mio piacere. (……) Vi ho scritto per posta di inviarmi, col corriere di Pasqua, de’ frutti, de’ piselli, de’ carciofi, e del burro, come di costume. Vostro affezionatissimo nipote, Carlo Poerio».  (Patrick Keyes O’Clery, La rivoluzione italiana. Come fu fatta l’unità della nazione, trad. it. Ares, Milano 2000, p. 374 n. 2)