Il #Brasile è il più grande Stato dell’America del Sud, che con 212 milioni di abitanti è quasi un paese-continente (vale a dire la metà circa degli abitanti dell’intera Unione Europea, 446 milioni) possiede enormi risorse – dal petrolio ai diamanti, all’oro, alla ricchezza della natura, all’enorme estensione delle terre non coltivate. Economicamente però il Brasile è un paese ancora sottosviluppato ed afflitto da un grave fenomeno di corruzione della classe politica e di criminalità diffusa.

Proprio sull’onda di una forte reazione contro la corruzione, dopo 13 anni di ininterrotto governo del PT (Partido dos Trabalhadores), i brasiliani hanno provato a cambiare radicalmente ed hanno eletto, alla fine del 2018, un ex militare, Jair #Bolsonaro, un volto nuovo della politica, che non ha un partito alle spalle.

Bolsonaro, 65 anni, è un capitano dell’Esercito, ed ha raccolto oltre 57 milioni di voti, raggiungendo il 55,2% dei consensi, al ballottaggio contro il candidato del Partito dei Lavoratori sostenuto anche dall’ex presidente Lula.

Ha avviato una politica di privatizzazioni nell’Economia, ancora caratterizzata da una forte presenza dello Stato, e di lotta alla corruzione e ricostruzione morale del Paese.

Bolsonaro in questa spinta al cambiamento è sostenuto da settori del mondo cattolico, anche se non dai vertici della Chiesa, e dai cristiani evangelici. Il Brasile è il Paese con il maggior numero di cattolici del mondo, circa 123 milioni, il 64% della popolazione.

Naturalmente questa politica di rinnovamento del Paese ha provocato la crescente opposizione dei poteri sovranazionali e mondialisti: a partire dalle ONG, che lo hanno messo sotto accusa nel 2019 per gli incendi in Amazzonia, con una violenta campagna mediatica che però non ha toccato gli altri Stati come la Bolivia, il Perù, la Colombia, che pure sono stati interessati dagli incendi, all’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità), che ora lo attacca sulla gestione della pandemia di #Covid-19, accusandolo di non voler attuare le disposizioni emanate, nonostante la evidente confusione e contraddittorietà (e che avrebbero un impatto devastante su un’economia come quella brasiliana), per finire ai media-mainstream che ne hanno accreditato un’immagine negativa, definendolo persino pericoloso per la democrazia del Paese e internazionale.

Contro il presidente #Bolsonaro è schierato anche il #deep State, la nomenklatura burocratica degli alti funzionari, che costituisce quei “poteri forti”, che professano una loro ideologia, e che tentano di sabotare ogni riforma che interferisca con la loro capacità di condizionare ed orientare i Governi, siano essi di destra o di sinistra.

Insomma, insieme agli Stati Uniti del presidente Donald #Trump, in questo momento il Brasile è il Paese su cui si concentra l’attacco sferrato dai poteri mondialisti, che non hanno esitato di cogliere al volo l’occasione della pandemia.

Del momento che sta vivendo il Brasile, abbiamo parlato con il prof. Átila Amaral Brilhante, docente di Filosofia politica alla UFC-Universidade Federal do Ceará e dottore di ricerca allo University College London, attento osservatore della politica brasiliana e delle relazioni internazionali.

 

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