(di Guido Vignelli) Tra gli errori commessi dalla cultura politica italiana, specialmente da quella meridionale, c’è stato quello di aver abbandonato i secolari legami con il mondo spagnolo per sottomettersi prima a quello francese, nato dall’Illuminismo settecentesco, e poi a quello tedesco, nato dal Positivismo ottocentesco.
Eppure, almeno dalla Scolastica controriformistica in poi, la scienza politica e giuridica spagnola ha elaborato una dottrina fedele all’insegnamento della Chiesa, specialmente quella espressa per due secoli dal Carlismo. Si tratta di un movimento culturale e politico cattolico tradizionale e legittimista che, pur essendo giunto fino ai nostri giorni grazie alla rivista madrilena “Verbo”,è rimasto poco noto al grande pubblico italiano in quanto boicottato dalle Università e dai mass-media.
Uno dei luminari di questa storica scuola spagnola è stato Francisco Elías de Tejada (1917-1978), grande politologo e giurista dell’Estremadura, il quale ha da tempo non pochi seguaci italiani e le cui opere stanno diventando sempre più familiari al pubblico, specialmente a quello meridionale. Ciò è dovuto anche all’impegno del napoletano professor Giovanni Turco, docente universitario e socio della prestigiosa Pontificia Accademia San Tommaso d’Aquino.
Anni fa, Giovanni Turco aveva curato un libro che raccoglieva alcuni scritti di Tejada su Europa, tradizione, libertà. Oggi ha tradotto, annotato e introdotto, con un corposo saggio illustrativo, cinque discorsi pubblici pronunciati dall’illustre spagnolo tra il 1962 e il 1974, raccolti in un nuovo libro intitolato Filosofia del diritto pubblico: contributi giusnaturalistici (Jovene Editore, Napoli 2022, pp. 240, € 24).
Questi discorsi trattano vari argomenti legati tra loro: metafisica come fondamento dello justum, giustizia come regola del diritto, diritto naturale come anima della civiltà, relazioni tra diritto pubblico, politica e Stato, attualità della giurisprudenza tradizionale spagnola, ambiguità del cosiddetto “Stato di diritto”, fallimenti della giurisprudenza contemporanea.
In questi discorsi, Tejada dimostra rigore e solidità dottrinali, attenzione ai problemi attuali, denuncia degli errori diffusi dal naturalismo politico e dal conseguente positivismo giuridico. Inoltre, egli espone la sua dottrina usando un linguaggio chiaro, semplice e ordinato che evita di esagerare nei tecnicismi tipici delle difficili materie trattate.
Tejada riconduce l’origine dei mali odierni alla Rivoluzione anticristiana, ne fa la diagnosi e ne prospetta la terapia alla luce del diritto cristiano e della dottrina sociale della Santa Chiesa, dimostrando così di essere un fedele cattolico prima che uno stimato studioso e docente.
Quelli che lo hanno conosciuto ricordano che Tejada fu un uomo passionale dal carattere difficile, ma anche una grande mente d’insegnante e un gran cuore di educatore culturale; un giorno, questi meriti gli verranno universalmente riconosciuti e il suo nome verrà scritto nell’albo d’oro dei giganti del pensiero. Noi, intanto, nutriamoci della sua dottrina, oggi tanto utile quanto rara. (LN170/23)