(Lettera Napoletana Notizie) Per che cosa ha votato il Sud alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, o meglio, contro che cosa ha votato?
Contro l’oppressione burocratica e fiscale dell’Unione Europea e, in buona parte, contro l’euro, che ha portato miseria invece che benessere. I due partiti che sono cresciuti di più, Movimento 5 Stelle e Lega, sono i più ostili alla dittatura degli eurocrati. Al contrario, la lista “Più Europa”, della ex Commissaria Ue e punto di riferimento della nomenklatura di Bruxelles, Emma Bonino, ha fatto segnare nelle sette regioni meridionali percentuali al di sotto del 2,55% di media nazionale, un risultato già molto deludente.
Per la Bonino: 1,50% in Campania; 1,35% in Puglia; 1,20% in Molise; 1,89% in Abruzzo; 1,20% in Basilicata; 1% in Calabria; 0,76% in Sicilia. Percentuali risibili, se si tiene conto che la partecipazione al voto nelle regioni del Sud è stata più bassa anche di 10-12 punti rispetto alle regioni del Centro-Nord.
Il Sud ha votato contro la sinistra, ancora impregnata di ideologia marxista. Liberi e Uguali (gli scissionisti di matrice comunista del Pd più l’ex Sel – Sinistra e Libertà), entrati in Parlamento per il rotto della cuffia con il 3,38%, nella maggior parte delle regioni del Sud raccolgono molto meno della soglia minima del 3% (2,84 in Calabria; 2,80 in Campania; 2,60 in Abruzzo; 2,60 in Sicilia).
“Potere al Popolo”, formazione dichiaratamente marxista, espressione dei cosiddetti Centri sociali e di Rifondazione comunista, che godeva dell’appoggio del sindaco di Napoli De Magistris ed ha candidato alcuni suoi collaboratori, nata a Napoli nei locali dell’ex OPG (Ospedale psichiatrico giudiziario), occupati e messi a disposizione da De Magistris, raccoglie in Campania l’1,22%, rispetto alla media nazionale dell’1,13% ; lo 0,97% in Puglia; l’1,08 in Calabria; lo 0,72% in Sicilia, e viene superato a Palermo anche da “Il Popolo per la Famiglia” (1,16%), formazione cattolica che si batte contro l’ideologia del gender. Al bus anti-gender di una di esse, i Centri sociali, la nuova polizia del pensiero unico, hanno impedito a Napoli ed in altre città di fare propaganda.
E il Sud ha votato nettamente contro la propria classe politica, cioè contro i rappresentanti delle ideologie e dei partiti nazionali che lo opprimono, spesso indossando la maschera di un “meridionalismo” accattone e subalterno. In Campania, il presidente della giunta regionale Vincenzo de Luca (PD) raccoglie il 15,4, meno della media nazionale del PD (18,7%); in Puglia crolla Michele Emiliano (PD), il maggiore esponente del nuovo trasformismo meridionale (13,6%). Il quotidiano on-line Bari Today (5.3.2018) parla di “disfatta totale del Centrosinistra”. In Calabria, Gerardo Oliverio (PD) raccoglie il 14,3%; in Basilicata, Marcello Pittella (PD) il 16,1%; in Abruzzo, Luciano D’Alfonso (PD), il 13,8%; in Molise, Paolo di Laura Frattura, ancora PD, il 15,20%. In Sicilia, Nello Musumeci (Fratelli d’Italia) eletto, però, a novembre 2017, raccoglie il 3,5% contro il 4,3 della media nazionale del suo partito.
Bocciato Massimo d’Alema (Leu) in Puglia, la sua Regione, ed arrivato ultimo nell’uninominale a Nardò (Lecce) con il 3%; bocciato Pietro Grasso, leader di Leu, a Palermo, sua città natale, ultimo nell’uninominale con il 5,8%, che entra in Parlamento solo grazie al listino proporzionale.
Di fronte a queste cifre, è ridicolo addossare a Matteo Renzi, segretario del PD, la responsabilità. Tutti i “governatori” del PD al Sud, fanno peggio di lui.
“La sinistra non c’è più, è stata sconfitta”, ha ammesso De Magistris (Il Mattino, 6.3.2018).
I voti del Sud vanno in parte consistente al Movimento 5 Stelle, che oltre all’opposizione alla UE promette di bloccare l’immigrazionismo e di spostare risorse cospicue sulle forze dell’Ordine per contrastare la criminalità, due temi molto sentiti. Le percentuali di M5S, già molto consistenti, diventano da record grazie all’astensione più alta (media nazionale 75,2%; Campania, 65,3%; Calabria, 63,6%; Puglia, 69%; Sicilia 61,2)
La proposta del reddito di cittadinanza generalizzato, pezzo forte dei Cinque Stelle, ne ha determinato il successo al Sud? Certamente ha inciso nelle aree di maggiore disagio sociale, ma non è questa la chiave di lettura del loro risultato. M5S ha catalizzato una buona parte del voto di protesta del Sud verso la sua classe politica.
Un’altra parte del voto di protesta meridionale premia la Lega, che si colloca al di sopra del 5% in tutte le regioni del Sud ed ottiene risultati importanti in Abruzzo (13,8%; media nazionale 17,3), in Molise (8,7%, con il 9,7% ad Isernia), in Puglia (6,8%, con quasi il 10% a Foggia), mentre in Basilicata è al 6,2%, ed in Sicilia al 5,7%.
La Lega può rappresentare le aspirazioni del Sud? Certamente no. Il Sud ha bisogno di una propria classe politica fortemente radicata nella sua storia e nella sua Tradizione, che è ancora da formare. Ma intanto che il Sud è inserito nel sistema Italia, il suo programma su fisco, immigrazione, sicurezza, riforma della giustizia, politica demografica, difesa della famiglia naturale è il meno dannoso e può aiutare famiglie ed imprese meridionali.
È stato un governo con la Lega ad istituire la Banca del Mezzogiorno, poi smantellata dagli uomini di Monti, venduta Mediocredito centrale ed a Poste Italiane ed utilizzata per finanziare le ricerche della Fiat, ed è stato Bassolino, politico meridionale, il complice della svendita del Banco di Napoli.
Non è il luogo di nascita che qualifica un politico meridionale, ma il suo riconoscersi in una cultura. I risultati delle elezioni politiche miglioreranno la condizione del Sud? Non è certo. Ma allentare l’oppressione dell’UE, liberarsi dei rottami ideologici del secolo scorso e fare i conti con una classe politica locale traditrice della nostra storia e corrotta è certamente un passo avanti. (LN Notizie).