(Lettera Napoletana) – Thesaurus Edizioni, la casa editrice degli archivisti e studiosi di storia delle Due Sicilie Lorenzo Terzi e Linda Iacuzio, ha appena ripubblicato in edizione anastatica un interessante pamphlet di Teodoro Salzillo “Roma e le menzogne parlamentari nelle Camere de’ Comuni di Londra e Torino” (Napoli 2016, pp. 142, € 15,00).
Il libro, del 1863, datato da Malta, riporta gli echi nei Parlamenti di Torino e di Londra dell’invasione-annessione del Regno delle Due Sicilie da parte del Piemonte liberale. Salzillo cita più volte la relazione sul brigantaggio del deputato liberale Giuseppe Massari, cita la stampa italiana e straniera, riporta brani degli interventi dei parlamentari britannici, critici sugli esiti del sostegno dato dalla Corona inglese al Piemonte, e fornisce una significativa documentazione.
Il quadro politico e le categorie dell’autore del pamphlet sono ampi, Salzillo comprende che l’attacco ai Borbone di Napoli e l’attacco al Papa sono parte della stessa strategia della Rivoluzione. Toccanti sono le pagine su Francesco II, il giovane Sovrano in esilio a Roma.
Ma Teodoro Salzillo (1826- 1904) non era soltanto un polemista. Aveva difeso la causa legittimista armi in pugno. Secondo lo storico Giambattista Masciotta nel 1848 era stato liberale, ma poi avrebbe inneggiato ai Borbone “fino al termine della vita”.
Nel settembre-ottobre del 1860, Salzillo fu tra i protagonisti dell’insurrezione antiunitaria di Isernia e alla testa di un gruppo di insorti combatté contro i garibaldini e le Guardie nazionali (27 settembre e 5 ottobre 1860). All’arrivo delle truppe piemontesi, fuggì a Gaeta, dove i borbonici resistevano, e poi fu a Roma, alla corte di Re Francesco II, dove continuò l’attività pubblicistica, scrivendo tra l’altro, una nota cronaca dell’assedio di Gaeta.
Il governo italiano, che lo arrestò il 29 ottobre 1870 a Roma, accusò Salzillo di aver svolto attività di reclutamento di insorti e di aver alimentato la resistenza antiunitaria, definita brigantaggio.
Ma documenti trovati da Lorenzo Terzi all’Archivio di Stato di Caserta, gettano una nuova luce sulla figura di Salzillo, che sarebbe stato in realtà, un agente del Piemonte e del nuovo Stato italiano.
Sue lettere indirizzate al prefetto di Terra di Lavoro Giuseppe Colucci per sollecitare la scarcerazione lo dimostrano: «dopo aver tanto lavorato e corsi mille pericoli per rendere Roma all’Italia – scrive in una lettera probabilmente immediatamente successiva all’arresto – il governo colà impiantato ha purificato le mie fatighe nel crocciuolo dell’ingratitudine».
Non si trattava di benemerenze vantate per sfuggire alla prigione. Il prefetto Colucci si attivò immediatamente con il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Napoli, Michele Pironti: «posso assicurare (…) che dal mese di maggio 1867 (….) il Sig. Salzillo è stato sempre il confidente di quest’ufficio in Roma, fornendo interessanti notizie sulle mene del partito borbonico», scriveva il Prefetto, sollecitando che venisse rimesso in libertà.
Dal carcere Salzillo, che doveva essere collegato ad una rete di spie piemontesi infiltrate alla Corte di Re Francesco II, riesce a fornire ancora informazioni. Il 14 gennaio 1872 segnala, ancora al Prefetto Colucci, una missione riservata di “personaggi altolocati” presso Francesco II.
L’agente doppio uscì dal carcere nei primi mesi del 1873. Il 19 giugno si risposò a Roma e nel 1877 pubblicò l’ultimo libro, una storia di Venafro, dove morì nel 1904.
Fino a quando Salzillo aveva combattuto lealmente per i Borbone? A quando risale il tradimento? A quali personaggi della Corte borbonica era collegato? E da chi altri era composta la rete di spie che gli continuava a fornire informazioni anche in carcere?
Sono domande di grande interesse, sollevate dalla scoperta di Lorenzo Terzi. Interrogativi che confermano come, anche dopo la fine del Regno, il partito liberale presente alla Corte di Francesco II e gli agenti piemontesi continuassero ad operare. Ne fecero le spese generosi lealisti come Giacinto de’ Sivo, al quale i liberali riuscirono a far revocare l’aiuto del Re alla pubblicazione della sua “Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861”, opera in cui denuncia con grande chiarezza l’azione dei settari, ed altri legittimisti. Tra essi forse anche il generale Ferdinando Beneventano del Bosco, uno dei pochi eroi della ingloriosa ritirata dalla Sicilia, nei confronti del quale Salzillo è duramente critico nella sua cronaca dell’assedio di Gaeta, pubblicata nel 1865. All’epoca forse l’agente doppio Teodoro Salzillo era già all’opera, e praticava la disinformazione. (LN102/16).