(Lettera Napoletana): L’Inghilterra finanziò non solo la spedizione di Garibaldi in Sicilia (5-6 maggio 1860), ma gli emigrati liberali a Londra, le rivolte anti-borboniche, ed i plebisciti che servirono a legittimare l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte.
Il ruolo decisivo dei finanziamenti inglesi nell’unificazione dell’Italia è analizzato in un dossier del mensile cattolico “il Timone” («I soldi che hanno “fatto” l’Italia» n. 194 – Aprile 2020 www.iltimone.org) con articoli del giornalista e saggista Luciano Garibaldi, degli studiosi del Risorgimento Mario Iannaccone, ed Elena Bianchini Braglia, e del prof. Massimo De Leonardis, dell’Università Cattolica di Milano.
Mario Iannaccone mette a fuoco gli interessi economici che muovevano la potenza inglese alla destabilizzazione del Regno delle Due Sicilie.
«Un Italia unita, che potesse controbilanciare il potere dell’Austria e della Francia, e magari le fosse sottomessa (finanziariamente) poteva risultarle utile” – scrive – (…) c’erano inoltre, da parte degli inglesi, forti interessi economici e finanziari che spingevano all’unità italiana. È ormai ben nota – scrive lo studioso – la volontà inglese di staccare la Sicilia da Napoli (…) gli inglesi avevano ottenuto condizioni di privilegio per l’acquisto del prezioso zolfo siciliano (…) i mercanti inglesi , inoltre avevano interesse ad abbassare i dazi in entrata dei loro prodotti negli Stati preunitari italiani. Dopo la guerra degli zolfi i rapporti fra il governo inglese e il Regno di Napoli, in particolare, si deteriorarono. Usando la stampa gli inglesi la descrivevano come terribile la realtà napoletana (…) L’Inghilterra non poteva ergersi a modello nei confronti degli Stati italiani, eppure lo faceva, accusando di fanatismo e arretratezza gli italiani perché cattolici. Questa vulgata passò, e attecchì in Francia e in molti Paesi nordici anche per responsabilità interessata degli italiani esuli, molti concentrati a Londra (oltre che a Parigi), i quali dipingevano l’Italia come una terra in mano a tiranno feroci, gonfi di superstizione.(…)
Oggi sappiamo – aggiunge Iannaccone – che tali patrioti di provenienza toscana, duosiciliana, lombarda furono sussidiati dal Foreign Office inglese e che i soldi della City furono usati per finanziare le campagne militari, le rivolte, la corruzione degli ufficiali degli Stati da sottomettere (soprattutto a Napoli) e infine per assicurare la riuscita dei “plebisciti di annessione”. C’erano poi gli altri interessi: finanziare l’unificazione, prestando denaro per la costruzione di infrastrutture e per il mantenimento dell’esercito, significava per le banche guadagnare molto».
Quanto al ruolo di Londra nella spedizione “dei Mille” in Sicilia, che dette iniziò all’invasione del Regno di Napoli, la presenza inglese nel piano messo a punto da Giuseppe Garibaldi e dai suoi collaboratori fu decisiva.
«L’hanno documentata – scrive Luciano Garibaldi, già autore del libro “Genova e i Mille” sui retroscena della spedizione (De Ferrari, Genova 2007) – gli atti del Convegno organizzato dalla massoneria italiana a Napoli il 4 luglio 2007» (Convegno organizzato dal Grande Oriente d’Italia, nel bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, n.d.r).
«Nel corso del convegno il professor Aldo A. Mola, allora docente di storia contemporanea all’Università di Milano, illustrò come il finanziamento a Garibaldi provenisse da un fondo di presbiteriani scozzesi, e gli fosse stato concesso con l’impegno di non fermarsi a Napoli, ma di arrivare a Roma per eliminare lo Stato pontificio».
«Quella documentazione provava ampiamente come nella spedizione dei Mille il ruolo della Gran Loggia di Londra fosse stato determinante, a partire dal finanziamento dell’impresa con cifre iperboliche».
L’Inghilterra finanziò, in realtà – aggiunge Mario Iannaccone – tutta la campagna di annessione negli Stati dell’Italia pre-unitaria. «Molti nella City – calvinisti, anglicani, ebrei, massoni, ma anche valdesi del Piemonte – desideravano la distruzione dello Stato della Chiesa e del “cattolicissimo” Regno delle Due Sicilie, e dunque finanziarono la spedizione dei Mille e le attività sovversive di Giuseppe Garibaldi (varie spedizioni di oro furono intercettate prima dello scoppio della guerra. (…) in particolare fu molto attiva la Little Italy londinese della zona di Clerckenwell, salotti e locali dove i cospiratori si ritrovavano (…) la comunità era costituita da alcune centinaia di “patrioti” che, con varie motivazioni, plaudivano alle imprese rivoluzionarie scrivendo pamphlet contro i regni italiani e collaborando con l’Intelligence inglese. Un esempio celebre fu il testo “La protesta del popolo delle Due Sicilie”, scritto da Massimo d’Azeglio, forse con la collaborazione di Luigi Settembrini [al quale viene comunemente attribuito, n.d.r.] , due personaggi che gravitavano attorno a Londra».
Dei plebisciti che diedero la legittimazione formale alle annessioni si occupa Elena Bianchini Braglia, presidente del Centro Studi sul Risorgimento e gli Stati preunitari, che ha curato la pubblicazione delle memorie dell’agente segreto di Cavour Filippo Curletti (“Le rivelazioni sugli uomini e sulle cose del Regno d’Italia. Rivelazioni di J.A: antico agente segreto del Conte Cavour”, Solfanelli, Chieti 2010).
Nel Ducato di Modena, a Parma, a Firenze, le votazioni furono manipolate come nel Regno delle Due Sicilie. Curletti era stato nominato Capo della Polizia a Modena e scrive nelle sue memorie «L’astensione servì mirabilmente alla frode» e narra di come i suoi agenti abbiano introdotto «nelle urne un gran numero di schede apocrife, tante che lo spoglio dello scrutinio diede più votanti che elettori inscritti». (LN146/20)
Leggi il dossier de Il Timone «I soldi che hanno “fatto” l’Italia»