(Lettera Napoletana) “Al momento dell’unità d’Italia la bilancia commerciale del regno borbonico era in attivo di 35 milioni di ducati (circa 560 milioni di euro) a fronte di un disavanzo del Regno di Sardegna pari a oltre 760 milioni di lire sabaude (circa 3 miliardi e 360 milioni di euro)”.
È un brano dell’articolo di Alessandra Colla sull’ultimo numero della rivista “Conoscere la Storia” (n. 48 Settembre-Ottobre 2018), che dedica la copertina al Regno delle Due Sicilie, con il titolo “Quando il Sud era all’avanguardia” e l’immagine del Re Francesco I di Borbone.
L’articolo di “Conoscere la Storia” segue quelli apparsi l’Estate scorsa su “BBC History” e “Storia in rete” (cfr. Lettera Napoletana) e conferma come a livello di divulgazione, dopo la fioritura di testi su Internet, stia cominciando ad affermarsi una visione della Storia delle Due Sicilie non più manipolata ideologicamente dagli schemi risorgimentalisti.
L’editoriale della rivista si colloca in questo filone: “Fino a qualche decennio fa – scrive Conoscere la Storia – il Regno delle Due Sicilie era additato come uno dei peggio amministrati della Storia. Una certa visione patriottarda, che cominciava dai libri di scuola, poneva tra le giustificazioni dell’impresa dei Mille anche un carattere civilizzatore: la gente del nostro Sud aveva il diritto di progredire e per farlo non c’era altra via che quella di disfarsi della dinastia borbonica, quella dei ‘re lazzaroni’ (…) Da qualche tempo però – prosegue l’editoriale – l’ottica dei fatti è cambiata. Una sempre più nutrita schiera di storici e di nostalgici afferma tutto il contrario, ossia che il Regno delle Due Sicilie era un Paese avanzato, felicemente sulla via del progresso. Un reame pugnalato a tradimento da quello sabaudo e fatto oggetto di una colossale opera di disinformazione …”.
Nell’ampio articolo non mancano alcuni luoghi comuni. Tra gli “ingegni” che “fiorirono” al tempo di Re Carlo di Borbone vengono citati i soliti intellettuali illuministi dell’ambiente massonico (Genovesi, Galiani, Filangieri) mentre la colonia tessile di San Leucio viene indicata come un esempio di “socialismo reale in salsa partenopea”. Se è vero che la fondazione del borgo di San Leucio fu condizionata dalle idee illuministe, è altrettanto vero che i Borbone temperarono notevolmente con la dottrina sociale cattolica, che orientava la loro politica, il carattere totalitario e socialista dell’esperimento.
C’è anche qualche svista, come il quadro che raffigura Piazza Spirito Santo, a Napoli, nel giorno dell’arrivo di Garibaldi (7 Settembre 1860) scambiato con un’immagine di Palermo.
Ma nel suo insieme e, nonostante il tentativo di problematizzare la rilettura dei Borbone di Napoli con i titoli e le didascalie, l’articolo di “Conoscere la Storia” è una piena rivalutazione del Regno delle Due Sicilie e mette in discussione alcuni dei principali “dogmi” della storiografia del cosiddetto Risorgimento.
Scrive l’autrice, Alessandra Colla: “la storiografia di impronta risorgimentale ci ha trasmesso l’idea di un Ottocento caratterizzato da due elementi indiscutibili: l’esistenza di un radicato sentimento di italianità, che aveva fretta di giungere all’unificazione del Paese, e quella di una netta frattura tra Nord e Sud Italia (…) In realtà, ancora alla metà del XIX secolo, i piemontesi, quando dovevano uscire dai loro territori, dichiaravano di recarsi ‘in Italia’, allo stesso modo la popolazione del Regno delle Due Sicilie qualificava tutti gli altri abitanti della penisola come ‘forestieri’. La lingua italiana come la conosciamo noi era parlata da meno del 10% dell’intera popolazione e per lo più in Toscana; tutti gli altri si esprimevano nel loro dialetto locale. In Piemonte, accanto al dialetto, la lingua ufficiale era il francese (…) Cavour restò sempre impacciato quando doveva esprimersi in italiano. Lo Statuto Albertino, promulgato nel 1848 da Carlo Alberto di Savoia come costituzione del Regno di Sardegna, fu scritto in francese e solo dopo tradotto in italiano (…) in concreto soltanto le élite intellettuali erano convinte della necessità di costruire una nazione italiana unitaria”.
Quanto alla polemica sul presunto sottosviluppo delle Due Sicilie, citando gli studi della storica dell’economia belga Stéphanie Collet, l’autrice dell’articolo scrive: “senza il sostanzioso apporto economico del Regno delle Due Sicilie alla disastrate finanze del Regno di Sardegna l’Italia unita non sarebbe potuta nascere”. (LN127/18)