(Lettera Napoletana) Il federalismo avrebbe potuto essere attuato ancora nel 1860, ad invasione garibaldina ormai avvenuta nel Regno delle Due Sicilie. A Settembre 1860, Garibaldi invitò a Napoli Carlo Cattaneo, un federalista repubblicano milanese che chiedeva l’elezione di “parlamenti speciali per la Sicilia e il Napoletano, conservando le autonomie locali e trattando con il governo di Torino i patti dell’unione nazionale.

Così lo studioso Dario Marino in un articolo sul mensile BBC History, che torna sul tema dell’unificazione italiana, definita in copertina “Un disastro annunciato” (BBC History, n. 87, luglio 2018).

Mazziniani e cavourriani erano invece – prosegue Marino per una volta uniti, decisi a chiedere l’annessione immediata e incondizionata del Mezzogiorno. Garibaldi cedette presto a questi ultimi, ripiegando verso la soluzione più accentratrice e autoritaria. Fu quella la tomba del sogno federalista.

L’opzione federalista in campo napoletano era sostenuta – ma in una confederazione monarchica guidata dai Borbone – da Pietro Calà Ulloa (1801-1879), ultimo primo ministro del Regno delle Due Sicilie.

L’articolo di BBC History, che a febbraio 2018 aveva ospitato un ampio articolo della studiosa Antonella Grippo sullo scontro di interessi internazionali dei quali erano pedine Cavour, Garibaldi ed altri “padri della Patria” (cfr. Storia: Antonella Grippo …), ricostruisce le posizioni di federalisti e pentiti dell’unificazione: dallo stesso Calà Ulloa, che era un liberale moderato, ma leale con i Borbone, a Francesco Proto, duca di Maddaloni (1815-1892), eletto deputato al Parlamento di Torino.

Proto firmò una mozione-requisitoria (respinta dal governo Cavour) per l’apertura di un’inchiesta parlamentare sulla sanguinosa repressione nelle province meridionali e poi si dimise da deputato per protesta. Ma c’è spazio anche per la posizioni decisamente anti-risorgimentali di Giacinto de’ Sivo (1814-1867), autore della “Storia delle Due Sicilie dal 1847-1861” (Grimaldi & C. Editori, Napoli 2016) http://www.editorialeilgiglio.it/questa-non-e-una-storia-questa-e-la-storia/), la più precisa ricostruzione delle cause della fine del Regno dei BorboneDue Sicilie.

All’unificazione è dedicato anche un numero speciale del mensile “Storia in rete” (“Savoia vs. Borbone, n. 1 – giugno 2018). La rivista ospita un ampio articolo del prof. Gennaro De Crescenzo, efficace sintesi delle tesi emerse negli ultimi anni nella nuova storiografia, quasi tutta di estrazione non accademica, sul cosiddetto Risorgimento.

 Storia in rete” ha un comitato scientifico presieduto dallo storico della Massoneria Aldo Alessandro Mola, ed è schierata apertamente con la divulgazione risorgimentalista. Nell’editoriale che apre il numero speciale definisce Garibaldi uno straordinario eroe italiano”, Cavour un autentico genio politico” e Vittorio Emanuele IIun grande re, ma è significativo il fatto che debba accettare il contraddittorio con le tesi dello studioso e fondatore del Movimento Neoborbonico.

Molti i falsi della storiografia risorgimentale – va ricordato che dopo l’unificazione nelle Università italiane vennero create le cattedre di “Storia del Risorgimento” per la ricostruzione mitica degli avvenimenti – ed i luoghi comuni confutati nell’articolo. Dalla pretesa arretratezza economica del Regno delle Due Sicilie, smentita nel saggio “I peggiori 150 anni della nostra storia. L’unificazione come origine del sottosviluppo del Sud” (Editoriale il Giglio, Napoli 2012), a quella del “brigantaggio”, una guerra nazionale e religiosa, trasformata secondo lo schema marxista di Gramsci in un episodio di “lotta di classe”, alle stragi piemontesi a Casalduni e Pontelandolfo, ai soldati napoletani deportati nella tetra prigione-fortezza di Fenestrelle, nei pressi di Torino. Altrettanti capitoli della storia delle Due Sicilie che riemergono dall’oblio grazie al lavoro di una nuova leva di studiosi meridionali.

Storia in rete”, che nel suo speciale offre ampio spazio di replica ai divulgatori risorgimentalisti, ammette che quello che definisce “revisionismo neo-borbonico” è “un fenomeno in grande crescita da molti punti di vista” “, che “la realtà – aggiunge – ci ha imposto di guardare in faccia”.

Da sotto i massi” (era il titolo di una raccolta di scritti di Solgenitsin ed altri dissidenti nella Russia sovietica) della storiografia risorgimentale spuntano sempre più studi, articoli, saggi, che mettono radicalmente in discussione la ricostruzione dell’ unificazione italiana e la descrizione dell’ attuale Sud. Le riviste se ne sono accorte. Così avanza la battaglia delle idee e si fa strada la verità della storia.