Nazione, patria, identità

 

La relazione del prof. Miguel Ayuso Torres, della Universidad Pontificia Comillas di Madrid, tenuta al Convegno L’identità tradita. L’unificazione italiana contro la tradizione, organizzato dall’Editoriale Il Giglio e dal Movimento Neoborbonico, e svolto a Napoli il 30 maggio 2008, data in cui si celebrava la festa onomastica di S. M. il re Ferdinando II.

 

«La confusione lessicale, che scaturisce da quella concettuale e che aumenta quest’ultima, è evidente in un mondo come il nostro, che ha perso il gusto della verità ed è condizionato dalle ideologie. Il tema che affrontiamo mostra molto chiaramente la confusione che esiste, sia relativamente all’ “identità”, sia alla “nazione”. […]

Non posso fare a meno di un riferimento alla penisola italiana. Priva di unità politica fino alla rivoluzione liberale, e per quanto si voglia limitare questa matrice, resta il fatto che l’Italia può esistere solo come una nazione rivoluzionaria. È figlia del Risorgimento e della sua prosecuzione che fu il fascismo. […]

Il patriottismo è un sentimento naturale, profondamente radicato nell’animo umano, che trae origine, si potrebbe dire, dal precetto divino “onora ed ama il padre”, il più facilmente e naturalmente osservabile. Quando non va al di là della sua natura, il patriottismo realizza anche il precetto dell’amore verso il prossimo, cioè per i nostri simili che ci circondano e ci sono “prossimi”. Si tratta di un modo di sentirsi in comunione con gli altri, di un sentimento opposto a quello dell’individualismo, che ci fa vivere in una tradizione collettiva e ci fa amare la fede comune che impregna e rende viva questa tradizione”. Esso nasce direttamente dalla famiglia e, inserendosi nella sua tradizione, si allarga ad una comunione sempre più ampia: “Il naturale attaccamento alla patria è, di per se stesso, un sentimento impulsivo mosso dall’amore, unitivo; un sentimento aperto, ben diversamente dalle passioni, chiuse ed irrazionali, e per questo non può far nascere posizioni negative di odio”.

Il nazionalismo, invece, scaturisce da fonti ben diverse. La teoria politica della Rivoluzione immaginò, in nome del razionalismo, una nuova organizzazione della società fondata su basi razionali che avrebbe dovuto coerentemente estendersi ad una società universale. Infatti, che cosa può esservi di più assurdo ed irrazionale per una mentalità razionalista di una nazione, che è il frutto delle tradizioni e degli eventi del passato?

Eppure, contro la logica del razionalismo, il costituzionalismo ottocentesco si insinuò nel mosaico della nazionalità esistenti, dando vita al sentimento, del tutto nuovo, del nazionalismo.

Le differenze tra quest’ultimo e l’antico patriottismo sono due: una componente teorica, che si avvale di simboli e dogmi propri rispetto alla spontaneità affettivo-esistenziale del patriottismo; e le sue caratteristiche di esclusività ed assolutezza fondate sulla inappellabile “ragion di Stato”, ben lontane da quel sentimento temperato, gerarchizzato, e aperto che si ritrova nel patriottismo.»

 

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