In esclusiva, la versione integrale dell’intervista al Prof. Angelo Serra S.I., docente emerito di Genetica umana all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, membro della Pontificia Accademia per la Vita, scienziato di fama internazionale e gesuita. L’intervista, in una versione ridotta, è stata pubblicata sul quotidiano napoletano ROMA, il 30.09.2004.
Il Prof. Serra è autore di numerose opere scientifiche e libri di più facile accessibilità sui temi dell’embriologia e dello sviluppo intrauterino della vita, tra cui ricordiamo L’uomo-embrione: il grande misconosciuto (Cantagalli 2003).
È deceduto il 20 gennaio 2012.
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D: La legge 40/2004 è accusata da più parti di essere illiberale, antiscientifica, addirittura “talebana” per la sua caratterizzazione “troppo cattolica”. Lei quale valutazione complessiva ne dà, come uomo di scienza e uomo di Chiesa?
R: La situazione storica nella quale viviamo di democrazia e di pluralismo etico implica necessariamente, nella stesura di una legge, la presenza di e la discussione su opinioni diverse che si concludono con un voto. I parlamentari cattolici hanno portato il loro doveroso contributo non per motivi derivati dalla loro fede, ma per motivi derivati dalla ragione umana capace in se stessa di distinguere il bene dal male e il giusto dall’ingiusto. Essi hanno così contribuito alla formulazione di una legge meno ingiusta rispetto a leggi molto più ingiuste; ma legge che, come tale, non può trovare applicazione da parte di un cattolico sincero e informato neppure nel caso legalmente ammesso di fecondazione omologa, perché anche questa implica gravi ingiustizie.
D: La legge ha regolamentato un settore nel quale per decenni si è potuto fare di tutto senza alcun limite eppure, secondo alcuni, essa non rispetta la salute delle donne, costringendole a molti cicli successivi di stimolazione ormonale, dal momento che non possono essere prodotti più di tre embrioni per volta. Condivide questa affermazione?
R: In tutto il processo, sono da considerare tanto la salute della donna, quanto la salute del neoconcepito. Per la donna è ben nota la sindrome da iperovulazione; e oggi la prassi generale indica che raramente sono trasferiti in utero più di tre embrioni. I dati pubblicati dalla Società Europea della Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE) nel 2002, relativi a 537 cliniche della fertilità di 22 nazioni europee tra le quali anche l’Italia con 44 cliniche, indicano chiaramente che su 258.460 cicli iniziati erano stati trasferiti: nell’11,9%, 1 embrione; nel 39,2%, 2 embrioni; nel 39,6%, 3 embrioni; nel 9,3%, 4 embrioni. Per quanto riguarda il neoconcepito, è oggi ben noto che circa il 50% degli zigoti o embrioni sottoposti a crioconservazione sono alterati o non vitali e perciò scartati in caso di successivi interventi. Eppure zigoti e embrioni sono soggetti umani – come siamo stati ciascuno di noi – che hanno iniziato la loro propria vita e hanno la stessa dignità e gli stessi diritti di ogni persona. La stessa legge all’art. 1 afferma il rispetto dei diritti del neoconcepito; e il primo diritto è la sua vita.
D: La maggiore accusa mossa a questa legge è di rendere impossibile la ricerca sulle cellule staminali, togliendo in questo modo la speranza a ben 12 milioni di malati in Italia. È vero? Ed è vero che le cellule staminali possono essere estratte soltanto dagli embrioni? A che punto sono attualmente, nel mondo, gli studi sull’applicazione terapeutica delle cellule staminali?
R: Si vorrebbe cioè che si facessero embrioni in più al fine di poterli poi utilizzare per la produzione di cellule staminali embrionali in vista di ricerche per possibili nuove terapie. È una illusione che si sta intenzionalmente creando a scopi utilitaristici. Lo dimostra il fatto che nel 2003 tre grandi società farmaceutiche, la Geron Company e la Advanced Cell Technology negli Stati Uniti e la PPL di Edinburgh in Inghilterra dove era stata prodotta le pecora Dolly, hanno sospeso tutte le loro ricerche sulle cellule staminali embrionali e dimesso la notevole quantità di personale impegnato in tali ricerche perché, dopo tre anni di lavoro diretto da ricercatori di notevole valore, non si era ottenuto nessun risultato. D’altra parte, sono tali e tanti i progressi nella produzione e nella ricerca sulle cellule staminali cosiddette adulte – che ciascuno di noi porta in sé o si possono ottenere in grandi quantità da diverse fonti non embrionali – e i successi già ottenuti che sarebbe assurdo voler continuare a finanziare ricerche enormemente costose da un punto di vista economico e, per di più, delittuose perché implicano l’uccisione di embrioni umani, che meritano invece il rispetto dovuto ad ogni persona umana.
D: Altra accusa alla legge è che, limitando a 3 il numero degli embrioni, impedendone la crioconservazione, vietando la selezione preimpianto, renda di fatto ardua, se non impossibile, la pratica della fecondazione assistita, obbligando le coppie a rivolgersi a centri di fertilità all’estero. Ritiene che esista realmente questo pericolo? Quale situazione ha creato il vuoto legislativo nel quale si è operato finora e quali le conseguenze di maggior rilievo?
R: Qualunque comportamento si può attendere quando manca la corretta informazione che dovrebbe essere data, o peggio quando si vogliono istigare campagne di protesta. Soltanto statistiche corrette potrebbero permettere di verificare le affermazioni di flusso all’estero. Ad ogni modo si hanno già dati evidenti i quali dimostrano che, proprio là dove vengono usate le nuove tecniche di diagnosi preimpianto, le quali implicano il delittuoso abuso di eliminare gli embrioni ritenuti anormali, la frequenza dei nati tra quelli apparentemente normali trasferiti in utero risulta molto inferiore a quella che si ottiene quando non si fa la diagnosi preimpianto.
D: Il dibattito è aperto anche sulla sorte degli embrioni prodotti e congelati nei vari centri di fertilità. Quanti si stima che siano attualmente, e che ne sarà di loro?
R: È molto difficile avere statistiche ufficiali e certe. Posso soltanto ricordare l’affermazione del Direttore di una grande clinica di Londra, impegnato altamente in questo settore, scritta in un suo articolo pubblicato nel 2001 su Nature Medicine, che legge: “Soltanto circa il 10 % degli embrioni trasferiti in utero producono un bambino, e circa 40.000 generati ogni anno in questi trattamenti in Inghilterra non possono essere trasferiti e periscono”. È in realtà una ecatombe di vite umane. Ecatombe, per di più, imposta talvolta dalla legge stessa, oppure giustificata come dono per la ricerca.
D: L’origine di tutte le opposizioni alla legge, che si manifestarono già durante l’iter parlamentare e che sono sfociate nelle richieste referendarie, è l’embrione. La legge lo definisce “soggetto” e ne tutela la dignità di essere umano; altri negano che sia “uno di noi”, cioè una persona, ritenendo che sia soltanto uno “stadio evolutivo”; altri ancora, affermano che fino al 14° giorno di esistenza si debba parlare soltanto di “pre-embrione”. Qual è la verità?
R: La verità è che si vuole rifiutare il dato scientifico, oggi irrefutabile, che dal momento della fusione dei gameti incomincia la vita umana di un nuovo soggetto umano il quale, date tutte le condizioni necessarie e sufficienti, si autocostruirà gradualmente secondo il piano programma scritto nel suo genoma. “Il tuo destino dal giorno uno” era il titolo di un articolo, pubblicato il 4 luglio 2002 nella grande rivista scientifica Nature, che voleva affermare, sulla base di altri recentissimi dati sullo sviluppo embrionale umano, quella verità. E quel rifiuto, introdotto proditoriamente sostituendo il termine di pre-embrione per i primi quindici giorni di vita al fine di sfuggire alle leggi internazionali che avrebbero impedito la ricerca su embrioni considerati individui umani, è stato lo scoglio contro cui sono stati immolati e continuano ad essere immolati milioni di vite umane nascenti, e la fata morgana per circa l’80% delle donne che non riusciranno mai ad avere il bambino desiderato. Grave responsabilità per una medicina il cui primo principio fondamentale è e dovrebbe sempre essere quello di «non nuocere».
D: Da più parti si afferma, con uno slogan già usato nel referendum sull’aborto, che questa legge vada cambiata perché nega la libertà di chi non condivide l’etica cattolica, che ne sarebbe alla base. Insomma: i cattolici si astengano dalla fecondazione assistita ma non impediscano ad altri di accedervi liberamente. È una logica condivisibile? Come dovrebbe comportarsi un cattolico se si dovesse arrivare al referendum su questa legge?
R: In questo caso non si tratta di etica cattolica o non cattolica; si tratta soltanto di etica umana che emerge da una mente e una coscienza umana. Si stanno preparando leggi, e giustamente, per impedire il maltrattamento degli animali. Non comprendo come non sia doveroso – perché semplicemente umano – impedire o almeno diminuire il maltrattamento e, peggio, l’uccisione di esseri umani proprio nel momento più delicato della loro esistenza. Il cattolico impegnato nella politica per il bene della società non nega agli altri di comportarsi secondo quanto la legge consente; ha solo cercato, per il bene stesso della società umana, di ridurre per quanto ha potuto nella formulazione della legge il male che una mente e una coscienza umana non possono non vedere e non sentire. Purtroppo, per la grande libertà di cui gode, e che neppure Dio gli toglie, l’uomo può vedere e sentire ma, forse per altri fini, non volere. E se proprio non vedesse e non sentisse, giudice ne sarà soltanto Dio, ma non potrà impedire che altri i quali hanno una visione e una coscienza diversa non agiscano per difendere ciò che ritengono il vero bene della persona umana. Qualora poi si dovesse giungere a un referendum per l’abolizione di questa legge, il comportamento da tenere sarebbe di non andare a votare.