Il dott. Bernard Nathanson (1926-2011), famoso ginecologo di New York, può essere considerato tra i padri della legge del 1973, che liberalizzò l’aborto negli Stati Uniti. Convinto assertore della pratica dell’aborto, Nathanson fu tra i fondatori del NARAL (National Association for the Repeal of Abortion Laws) nel 1969 e direttore del Center for Reproductive and Sexual Health, la più grande clinica d’aborto nel mondo, nella quale ne erano stati praticati 75mila.
Applicando durante un intervento la tecnologia degli ultrasuoni, cioè l’ecografia da poco inventata, rimase sconvolto da ciò che vide e iniziò un percorso di dubbio e di revisione, anche pubblica delle proprie posizioni, cosa che ovviamente gli attirò violente critiche, emarginazione, minacce di morte.
Nel 1979, uscì definitivamente dall’industria dell’aborto e divenne un testimone della battaglia per la vita.
A lui si deve la registrazione di un’ecografia, divenuta un filmato che ha fatto il giro del mondo con il titolo “Il grido silenzioso” (The Silent Scream), nel quale tutto l’orrore e la violenza dell’aborto è reso evidente dal comportamento del piccolo feto di fronte allo strumento che ne provocherà la morte, l’aspiratore.
Il grido silenzioso è disponibile sul canale YouTube della Fondazione Il Giglio (argomento ed immagini contenute possono essere inadatte ad un pubblico immaturo o impressionabile).
Nathanson, di origini ebraiche ma ateo, in seguito si convertì al cattolicesimo, chiedendo di essere battezzato nel 1996. È deceduto nel 2011. Nella sua autobiografia, La mano di Dio, ha raccontato il proprio percorso dalla Morte alla Vita.
Nel testo che segue, del 1983, il dott. Nathanson spiega le tecniche di propaganda utilizzate dal movimento abortista per influenzare l’opinione pubblica americana, in maggioranza contraria alla legalizzazione.
Le impressionanti similitudini con gli avvenimenti italiani che condussero all’approvazione della legge 194 del 22 maggio 1980 rendono evidente che i movimenti abortisti hanno agito in base a strategie concertate e organizzate su scala internazionale per imporre la liberalizzazione dell’aborto nei Paese occidentali, indipendentemente da luoghi, tempi e condizioni concrete di vita delle donne.
Oggi, l’imposizione dell’aborto nei Paesi del secondo e terzo mondo è veicolata dalle Organizzazioni Internazionali, Onu e Fondo Mondiale in primis, con le riforme per “l’emancipazione femminile” richieste per accedere ai programmi di aiuti.
Confessione di un ex-abortista
del dr. Bernard Nathanson
Sono personalmente responsabile di aver eseguito 75.000 aborti. Ciò mi legittima a parlare con autorevolezza e credibilità sull’argomento. Sono stato uno dei fondatori della National Association for the Repeal of the Abortion Laws [Associazione Nazionale per la legalizzazione dell’aborto ndr] (NARAL), nata negli Stati Uniti, nel 1968. A quel tempo, un serio sondaggio d’opinione aveva rilevato che la maggioranza degli Americani era contraria a liberalizzare l’aborto. In capo a soli 5 anni, noi riuscimmo a costringere la Corte Suprema degli Stati Uniti ad emettere la decisione che, nel 1973, legalizzò l’aborto completamente, rendendolo possibile virtualmente fino al momento del parto.
Come ci riuscimmo? È importante capire le strategie messe in atto perché esse sono state utilizzate, con piccole varianti, in tutto il mondo occidentale al fine di cambiare le leggi contro l’aborto.
La prima strategia fu conquistare i massmedia
Cominciammo convincendo i massmedia che quella per la liberalizzazione dell’aborto era una battaglia liberale, progressista ed intellettualmente raffinata. Sapendo che se fosse stato fatto un vero sondaggio ne saremmo usciti sonoramente sconfitti, semplicemente inventammo i risultati di falsi sondaggi. Annunciammo ai media che dai nostri sondaggi risultava che il 60% degli Americani era favorevole alla liberalizzazione dell’aborto. Questa è la tecnica della bugia che si auto-realizza: poche persone, infatti, desiderano stare dalla parte della minoranza. Raccogliemmo ulteriori simpatie verso il nostro programma inventando il numero degli aborti illegali praticati ogni anno negli Stati Uniti. La cifra reale era di circa centomila, ma il numero che più volte ripetemmo attraverso i media era di un milione. Ripetendo continuamente enormi menzogne si finisce per convincere il pubblico.
Il numero delle donne morte per le conseguenze di aborti illegali si aggirava su 200-250 ogni anno. La cifra che costantemente indicammo ai media era 10.000.
Questi falsi numeri penetrarono nelle coscienze degli Americani, convincendo molti che era necessario eliminare la legge che proibiva l’aborto.
Un’altra favola che facemmo credere al pubblico attraverso i media era che la legalizzazione avrebbe significato soltanto che quegli aborti, allora eseguiti illegalmente, sarebbero divenuti legali. In realtà, ovviamente, l’aborto è divenuto ora il principale metodo di controllo delle nascite negli Stati Uniti e il loro numero annuale è aumentato del 1500% dalla legalizzazione.
La seconda strategia fu giocare la “carta cattolica”
Sbeffeggiammo sistematicamente la Chiesa Cattolica e le sue “idee socialmente arretrate” e scegliemmo la Gerarchia cattolica come colpevole dell’opposizione contro l’aborto. Questo argomento fu ripetuto all’infinito. Diffondemmo ai media bugie del tipo “tutti sappiamo che l’opposizione all’aborto viene dalla Gerarchia e non dalla maggioranza dei cattolici” e “ i sondaggi dimostrano ripetutamente che la maggior parte dei cattolici vuole la riforma della legge sull’aborto”. I media bersagliarono insistentemente il pubblico americano con queste informazioni, persuadendolo che qualsiasi opposizione alla liberalizzazione dell’aborto doveva essere sotto l’influenza della Gerarchia ecclesiastica e che i cattolici favorevoli all’aborto erano illuminati e lungimiranti. Da questa affermazione propagandistica si deduceva che non esistessero gruppi antiabortisti non cattolici; il fatto che altre religioni cristiane e non cristiane fossero (e ancora sono) unanimemente antiabortiste era costantemente sottaciuto, allo stesso modo delle opinioni pro-life espresse da atei.
La terza strategia fu la denigrazione e la soppressione di tutte le prove scientifiche del fatto che la vita ha inizio dal concepimento.
Spesso mi viene chiesto che cosa mi abbia fatto cambiare idea. Come, da esponente abortista di punta, mi sono trasformato in un difensore pro-life? Nel 1973, sono diventato direttore di Ostetricia in un grande ospedale di New York City ed ho fondato l’unità di indagine prenatale, proprio quando stava prendendo il via una nuova grande tecnologia che oggi usiamo quotidianamente per studiare il feto nell’utero. Una delle principali tattiche pro-aborto è insistere sull’impossibilità di definire quando la vita abbia inizio, e che questa sia una domanda di carettere teologico o morale o filosofico ma non scientifico. La fetologia ha reso innegabilmente evidente che la vita inizia dal concepimento e che richiede tutta la protezione e la salvaguardia che ognuno di noi desidera per se stesso. È chiaro che la liberalizzazione dell’aborto è la deliberata distruzione di quella che indiscutibilmente è una vita umana. È un inaccettabile atto di violenza mortale. Si può comprendere che una gravidanza non pianificata sia uno straziante dilemma, ma cercare la soluzione in un deliberato atto di distruzione significa buttare via l’infinita ricchezza dell’ingegno umano e sottomettere il bene pubblico alla classica risposta utilitaristica ai problemi sociali.
Come scienziato so – non “credo”, ma “so” – che la vita ha inizio con il concepimento. Benché io non sia praticante, credo con tutto il cuore alla sacralità dell’esistenza che ci impone di fermare in modo definitivo ed irrevocabile questo triste e vergognoso crimine contro l’umanità.
Vai al filmato Il grido silenzioso
Ringraziamo il movimento Papaboys per aver messo a disposizione di tutti il filmato digitalizzato.
Vedi anche i video:
Potrebbe interessarti anche