È un classico della storiografia non conformista sul Regno delle Due Sicilie.

La seconda edizione de “L’Industria del Regno di Napoli 1859-1860”, di Angelo Mangone (Grimaldi & C. Editori, Napoli 2017) è stata presentata il 15 dicembre all’Hotel Renaissance Mediterraneo di Napoli dal prof. Orazio Abbamonte, storico e docente all’Università Luigi Vanvitelli, Carmela Maria Spadaro (Università Federico II), Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico, e Marina Carrese, presidente della Fondazione Il Giglio.

Il saggio di Mangone, ingegnere e dirigente d’azienda, appassionato studioso della storia del Sud, introvabile da anni, è stato arricchito per la nuova edizione da alcune correzioni ed integrazioni dell’autore, che le consegnò personalmente all’editore Marzio Grimaldi, e dall’introduzione di Gennaro De Crescenzo.

Il libro è stato pubblicato con il contributo della Fondazione il Giglio.

Ricco di dati e tabelle che documentano l’esistenza di un apparato industriale ampio e diversificato (5 mila industrie e 195 mila addetti, il 27% di tutti gli Stati pre-unitari solo nella parte continentale, esclusa la Sicilia) alla vigilia dell’unificazione il Regno delle Due Sicilie si preparava ad un nuovo balzo in avanti dopo quello compiuto nel ventennio 1840-1860, con un tasso annuo di aumento del 5%, perché Re Ferdinando II aveva compreso che il trasferimento progressivo di risorse dall’agricoltura al settore industriale doveva avvenire con il contributo dello Stato, oltre che con capitali bancari e degli investitori stranieri che il Regno, con la sua stabilità economica continuava ad attirare.

Era il 1860. L’Ansaldo di Genova contava la metà degli addetti dello stabilimento di Pietrarsa, a Portici (Napoli). Mongiana, nelle Calabrie, era un polo siderurgico tra i più importanti d’Europa. Il triangolo industriale Milano-Genova-Torino non esisteva, ed i Borbone guardavano già al Mediterraneo per l’espansione del commercio e delle esportazioni delle Due Sicilie.

Poi venne l’unificazione-invasione, lo smantellamento dell’Industria meridionale a vantaggio di quella del Nord, e la nascita del mito propagandistico del “terrone” buono solo a lavorare la terra. Ma il libro di Angelo Mangone ci racconta tutta un’altra storia.

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