(Lettera Napoletana) Cancellata dai mass-media dell’informazione politically correct, assente dai manuali di storia contemporanea la tragedia epocale della Cambogia ritorna in un libro di una sopravvissuta dal quale è stato tratto un film prodotto da Netflix, per la regia di Angelina Jolie, uscito il 15 settembre scorso.
“Per primo hanno ucciso mio padre” di Loung Ung (Piemme Edizioni, Milano 2017, pagg. 336, € 18.50) è la ricostruzione in prima persona dell’allucinante esperienza vissuta dalla Cambogia sotto il regime comunista dei Khmer Rossi, tra il 17 aprile 1975 ed il 7 gennaio 1979.
In quasi quattro anni i comunisti cambogiani, dopo aver attuato il progetto di “comunismo rurale” elaborato da Khieu Samphan, presidente della “Cambogia democratica”, che aveva studiato a Parigi, come Pol-Pot, segretario generale del partito comunista di Cambogia, e deportato nelle campagne per lavorare nelle risaie la popolazione della capitale Pnom-Penh, sterminarono tra un milione e 400mila e 3 milioni 300mila persone. Lo stesso Khieu Samphan, tra i pochissimi dirigenti comunisti cambogiani ad essere condannato per crimini contro l’umanità, stimò in un milione le vittime.
Venivano sterminati – secondo la prassi del marxismo-leninismo, già attuata nell’URSS di Stalin – interi gruppi sociali. Gli intellettuali (in pratica chiunque conoscesse una lingua straniera, e perfino che portava gli occhiali), i borghesi delle città, gli studenti.
I forzati delle campagne si nutrivano di lombrichi – racconta Loung Ung – il riso raccolto era razionato ed era distribuito sulla base del criterio di vicinanza ideologica al regime. I bambini venivano educati a denunciare le “deviazioni ideologiche” dei genitori e parenti, ed utilizzati come spie.
Dopo le prime denunce sull’orrore del comunismo cambogiano – vanno ricordati il libro del missionario cattolico Padre Piero Gheddo “Cambogia, rivoluzione senza amore”, uscito nel 1977 – ed il film “Urla del silenzio” (1984), realizzato peraltro dal regista trotskista inglese Roland Joffé, basato sulla vicenda reale di uno scampato al massacro, sulla Cambogia è calato il silenzio imbarazzato di opinionisti e mass-media mainstream.
Sul Corriere della Sera (13.9.2017) Luigi Ripamonti, recensendo il libro di Loung Ung, riesce nell’impresa di non nominare neanche una volta il comunismo, l’ideologia che ha generato il tentativo di genocidio del popolo cambogiano.
Ma il libro di Loung Ung è un documento di grande valore storico ed il film di Angelina Jolie, per ora visibile solo su Netflix, può contribuire a rompere il muro del silenzio soprattutto tra le giovani generazioni, che niente hanno saputo di quello che è stato l’orrore del comunismo in Cambogia. (LN116/17)
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