(Lettera Napoletana) La pittura napoletana del ‘700 – centinaia di vedute che hanno reso celebre nel mondo Napoli ed i suoi dintorni – sintetizza con una prospettiva a quattro, e non a tre dimensioni come quella toscana, una concezione dello spazio in movimento, che è specifica della cultura meridionale.
È la tesi della storica dell’arte Adriana Dragoni, frutto di anni di studi e di osservazione sui vedutisti e di esperimenti con una camera ottica appositamente realizzata.
Il tema, già illustrato nel saggio della Dragoni “Lo spazio a 4 dimensioni nell’arte napoletana. La scoperta di una prospettiva spazio-tempo” (Pironti, Napoli 2014), ritorna in una intervista alla studiosa, a cura di Edoardo Vitale, sull’ultimo numero della rivista “L’Alfiere” (fascicolo 74, Settembre 2021).
In Occidente l’arte utilizza almeno dal ‘400, quando fu definita da Leon Battista Alberti (1404-1472), nel suo De Pictura, pubblicato nel 1435, la prospettiva detta “toscana”, già teorizzata da Euclide (323-286 a.C.). Si tratta di una prospettiva basata su un unico punto di vista ed a tre dimensioni.
La prospettiva è il modo di guardare, è l’espressione di uno schema logico, e sintetizza una visione del mondo. Essa è – scrive nella presentazione del libro di Adriana Dragoni il prof. Vincenzo Pacelli – «la spia del rapporto con le cose e tra le persone di una determinata società». Nella pittura napoletana del ‘700 (ma in realtà il percorso comincia nella Magna Grecia ed già ravvisabile nei dipinti di Pompei e di Ercolano) si esprime la sintesi di molteplici punti di vista, con l’uso di una prospettiva a 4 dimensioni.
Qualche critico ha considerato arretrate, o addirittura errate alcune opere, che invece sono l’espressione di una cultura originale e profonda.
«Noi pensiamo che la prospettiva toscana ci mostri la realtà – afferma la studiosa nell’intervista a L’Alfiere –ma il suo spazio artificiale, non è più valido, neanche teoricamente, dopo la concezione moderna dello spazio-tempo formalizzata da Albert Einstein (1879-1955) (….) la visione napoletana rifugge dall’astrazione e da ogni schematismo: è irresistibilmente attratta dalla verità concreta.»
«La concezione spazio-temporale del mondo è come un fil rouge, che scorre in tutta la storia napoletana – aggiunge Dragoni – e trova la sua compiuta definizione nel Settecento, nelle vedute della città (…) prendiamo un autore come Gabriele Ricciardelli: si tratta di un caposcuola, in quanto, nelle sue vedute, la prospettiva napoletana (a quattro dimensioni, n.d.r) trova la sua compattezza e riesce ad esprimere il fascino della città. Sempre, guardandole, spinge verso l’oltre, verso un indefinito infinito, come, generalmente, nelle pitture ‘italiane’. Ma rimane in ino spazio fato di morbide curve, che è concluso tutt’intorno e, lentamente e liberamente, gira».
«Uno spazio in movimento – afferma ancora Adriana Dragoni – si avverte anche in alcune scene di genere di Gaspare Traversi, per le quali il pittore ha seguito un procedimento un po’diverso. In questi dipinti (cfr. “La lezione di musica”, n.d.r) Traversi non ritrae un ampio spazio come nelle vedute, non passeggia lentamente per strade litoranee, ma sta in salotto e si gira attorno, osservando uno a uno i personaggi che compongono la scena». (LN161/21)