Domenico Petromasi

La marcia del Cardinale Ruffo dalle Calabrie a Napoli

Introduzione di Silvio Vitale

prima edizione 1994, seconda edizione 1999
pag. 109, € 12,00 – sconto Soci 30%

 

 

Una delle più fedeli cronache della spedizione intrapresa nel 1799 dal Cardinale Fabrizio Ruffo per riconquistare il Regno delle Due Sicilie, liberandolo dall’occupazione francese che aveva consentito ai giacobini napoletani di proclamare la repubblica.

La cronaca della spedizione del Cardinale Ruffo, scritta da un testimone oculare, Domenico Petromasi, fu pubblicata per la prima volta nel 1801 ed è una delle poche opere che videro la luce all’epoca dei fatti. Dopo quella data, infatti, per i condizionamenti di alcuni governi liberali europei e per la volontà di pacificazione del re Ferdinando IV, non fu più consentita la stampa di opere sull’impresa.

I rivoluzionari, viceversa, inondarono l’Europa di opere propagandistiche degli eventi del 1799, i cui echi giungono fino ai giorni nostri. La dettagliata cronaca di Petromasi è un importante contributo alla conoscenza degli eventi reali.

 

Il contesto storico

Il 1799 segnò l’epilogo di un lungo periodo di invasioni che avevano interessato l’intera penisola italiana. Le truppe rivoluzionarie napoleoniche avevano aggredito, derubato, travolto e ovunque avevano proclamato repubbliche con l’appoggio di esigue minoranze di giacobini locali. Le popolazioni, invece, aveva dato vita ad insorgenze controrivoluzionarie in Lombardia, nel Veneto, nelle Marche, in Piemonte, non riuscendo però a liberarsi.

Il 22 gennaio 1799, le truppe d’invasione francesi, guidate dal generale Championnet, entrarono a Napoli, ancora una volta aiutati ed accolti dai pochi giacobini napoletani. La repubblica fu soltanto un governo-fantoccio retto dalle armi straniere. Il re Ferdinando IV di Borbone, che si era rifugiato a Palermo, nominò il Cardinale Fabrizio Ruffo Vicario generale e lo incaricò della riconquista del Regno. Sbarcato a Punta del Pezzo, in Calabria, con soli quattro uomini, il Cardinale Ruffo arruolò in poche settimane migliaia di volontari, costituì l’Armata Cristiana e Reale e cominciò la marcia vittoriosa verso Napoli. In quattro mesi sbaragliò francesi e giacobini ed entrò nella capitale il 13 giugno, festa di Sant’Antonio, al quale i combattenti controrivoluzionari e il popolo napoletano avevano affidato le proprie sorti, in seguito al verificarsi del miracolo dello scioglimento del sangue di San Gennaro durante la visita al Duomo di Napoli del generale Championnet.

 

L’autore

Domenico Leopoldo Petromasi era nato ad Augusta (Siracusa), da una nobile famiglia. Si unì al Cardinale Ruffo a Messina, dove questi stava organizzando la spedizione. Fu nominato Commissario di guerra dell’Armata cristiana e reale e si occupò della logistica. In realtà, precedendo le truppe e organizzandone l’arrivo nei paesi da riconquistare, svolgeva compiti che oggi definiremmo di intelligence. Al termine della vittoriosa impresa, gli fu concesso il grado di Tenente Colonnello per la preziosa opera svolta.

 

Il brano scelto

«Persistevano frattanto i Repubblicani nella loro caliginosa ferale ostinatezza: quando l’Eminentissimo Ruffo, intima da Nola nel giorno 13 di Giugno la marcia per acquartierarsi in Somma. Sfilate però appena le Truppe, arriva la consolante nuova che poche ore prima era stato già assaltato il Forte Granatello dalla Truppa comandata dal de Filippi spedito il giorno avanti, come si disse, in soccorso di Portici. Questo delizioso Real sito avea sofferto molto nelle fabbriche dal cannone nemico, il quale avrebbe recato un maggior guasto, se non veniva altronde malmenato.

Dalla parte del mare due Fregate Inglesi che a bella posta battevano le acque di quella rada, e dal suo accampamento il de Filippi, a cui era riuscito di guadagnare a Pietrarsa un cannone da 33, vi fecero un vivissimo fuoco contro quel Forte; e finalmente ordinatosi l’assalto, vi si riuscì con tal coraggio, che fu subito preso il Granatello colla trucidazione di molti ribelli. A sì lieta novella l’Eminentissimo Generale, la cui previdenza sapea cogliere, e trascurare i momenti, ordina immantinente, che tutta l’Armata si dirigesse per Portici, in vece di Somma a formar ivi il nostro Quartier Generale, onde ostare che il nemico tentasse di riprendersi il Forte suddetto, e si fortificasse colà per impedirci l’entrata di Napoli. Questa sublime risoluzione, o a dir meglio divina ispirazione nel cuore del saggio Porporato, d’intraprendere in quel giorno la direzione per Portici, soddisfece l’animo degli affezionati Realisti della Capitale 1, decise la caduta di essa, e salvò noi da più funesto pericolo, che mai si potesse, come rileverassi da qui a poco.

 

(1) È cosa sorprendevole il considerare, come il popolo Napoletano era sin da tanti giorni avanti, assolutamente persuaso che il dì 13 di Giugno dovea in tutt’i conti entrare la nostr’Armata Cristiana nella capitale, nel mentre che da noi tutt’altro si pensava, fuori di potere stabilire quel giorno, ch’era interamente dipendente dalla combinazione delle circostanze. Forse poté la popolazione congetturarlo dalle sicure notizie riportate in Napoli dal Sacerdote Napolitano D. Riccardo, e dal Dottor D. Francesco Antonio, fratelli Morgigno, i quali, ad onta d’ogni pericolo si portarono in Puglia mandati da’ capi Realisti della capitale, per assicurarsi non solo dallo sbarco de’ Muscoviti, ma dell’Armata sotto gli ordini dell’Eminentissimo Ruffo, cui incontrarono di ritorno nella Capitale.»

 

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