“La Riforma di Benedetto XVI – La liturgia tra innovazione e tradizione” è il saggio che don Nicola Bux, teologo e liturgista, diede alle stampe nell’ottobre 2008 (Edizioni Piemme, Casale Monferrato), poco più di un anno dopo la pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, di Benedetto XVI (7 luglio 2007).
Il motu proprio, che aveva ripristinato pienamente la possibilità di celebrare la S. Messa secondo il rito romano antico, era stato accolto con non poche polemiche da una parte del clero, timorosa di un “ritorno al passato” che mettesse in discussione lo “spirito del concilio Vaticano II”; con gioia da una parte dei fedeli, che in precedenza avevano visto ostacolato da alcuni Vescovi il legittimo desiderio di partecipare alla Messa tradizionale o tridentina; con curiosità da parte di altri che poterono, per la prima volta, avvicinarsi al rito in latino, scoprendone la bellezza e il senso del sacro.
Quanto mai opportuna, quindi, fu l’opera di chiarimento svolta da don Nicola Bux con “La Riforma di Benedetto XVI”, presto tradotto anche in francese e spagnolo e poi rapidamente esaurito.
Il libro è ora riproposto in una nuova edizione dall’Editoriale Il Giglio (Napoli, 2022; pag. 146; € 15,00) con lo stesso titolo ma una veste grafica rinnovata.
Il Summorum Pontificum chiarì una volta per tutte che la forma antica del rito latino non era mai stata abolita – né avrebbe potuto esserlo – e pur riconoscendola come extraordinaria, precisò che non c’era motivo di limitarne la celebrazione. Infatti, nella lettera che accompagnava il documento, Benedetto XVI sollecitava i Vescovi a favorire la diffusione del rito antico, sostenendo i gruppi di fedeli che desiderassero assistervi.
Inoltre, il Papa auspicava che la convivenza nelle parrocchie dei due riti, antico e moderno, producesse una reciproca influenza positiva, stemperando l’impressione della minore partecipazione attiva dei fedeli nell’uno e limitando alcuni eccessi nell’altro, non di rado sconfinati in abusi liturgici veri e propri.
Don Nicola Bux scrive che nella liturgia «la tradizione è necessaria e l’innovazione ineluttabile, ed entrambe sono nella natura del corpo ecclesiale come del corpo umano. Non si oppongono ma sono complementari e interdipendenti». E, in questo senso il Summorum Pontificum va compreso in continuità con tutta la tradizione della Chiesa, che non è cominciata col concilio Vaticano II, ma con gli Apostoli.
Secondo l’Autore, tradizione e liturgia sono unite come le radici e la pianta: la tradizione si occupa del passaggio della verità attraverso la forma, il rito ci permette di avvicinarci al Mistero.
Per questo, bisogna guardarsi «dalle forme errate del pregare, due in specie: l’esibizione di se stessi al posto della adorazione ed il profluvio di parole che soffoca lo Spirito. Se la preghiera è espressione della relazione di amore tra il singolo e Dio, contiene un mistero che non tollera lo spettacolo “per essere visti dagli uomini” (Matteo 6,5)».
Il primato, nella Liturgia, deve essere dato a Dio, anche attraverso la musica e il canto, tra cui primeggia il gregoriano, la cui costruzione musicale è paragonabile ai gradini che l’anima percorre nell’ascesi a Dio.
La conclusione di don Bux è che “con la pazienza dell’amore bisogna concorrere a che nasca un nuovo movimento liturgico attento alle liturgie […] ci vogliono liturgie esemplari che facciano incontrare Dio”.
La nuova edizione di “La Riforma di Benedetto XVI” sarà presentata Mercoledì 26 Ottobre 2022, alle ore 18:00, nella Basilica di San Paolo Maggiore (Piazza San Gaetano/Via dei Tribunali, Napoli), da P. Aleksandr Iwaszczonek C.R. e da Marina Carrese (Fondazione Il Giglio), alla presenza dell’Autore. (LN166/22)