IL RIFIUTO DEI PARTITI

(Lettera Napoletana) Il dato più evidente che esce delle elezioni politiche del 25 Settembre al Sud è il rifiuto delle attuali forze politiche. Se, a livello nazionale, la partecipazione è diminuita di 9 punti rispetto alle politiche del 2018 (dal 72,9 al 63,9), nelle sette Regioni del Sud è crollata: 53,27 in Campania; 50,8 in Calabria; 58,7 in Basilicata; 56,6 in Molise; 56,5 in Puglia; 57,3 in Sicilia, nonostante l’abbinamento con le elezioni per l’Assemblea regionale siciliana. È in media con il dato nazionale solo l’Abruzzo (63,9), ma qui nel 2018 la partecipazione era stata del 75,2% e il calo è stato dell’11,3%.

A Napoli ha votato il 50,7 (-14,6%), a Reggio Calabria il 48,9 (-11.9%), a Palermo il 56,4 (-5%), nonostante le centinaia di candidati in più per le regionali, a Catania il 58,8 (-5,5%), a Bari il 58,3%(-11.8%), a Foggia il 52,7 (-13,7%).

BOCCIATI I SEDICENTI MERIDIONALISTI

Si tratta di una nuova bocciatura dell’intera classe politica meridionale. Lo confermano i risultati ottenuti dai sedicenti leader “meridionalisti”, in realtà espressione delle stesse ideologie e degli stessi interessi economici che hanno condannato il Sud al sottosviluppo.

Raccoglie l’1,36%  l’ “Unione popolare con De Magistris”, che comprendeva “Dema”, il movimento ormai quasi estinto dell’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris, Rifondazione comunista e Potere al Popolo. Quest’ultimo partito è nato nel 2017, nell’ex OPG (Ospedale psichiatrico giudiziario) di Napoli, occupato da un “Centro sociale”, che lo ha ricevuto in uso gratuito dall’allora sindaco di Napoli.

In Calabria De Magistris e le due formazioni comuniste arrivano al 2,27. Alle regionali del 6 Ottobre 2021 la lista “De Magistris presidente” aveva ottenuto il 16,2%.

Resta fuori dal parlamento il ministro degli esteri del Governo Draghi, Luigi Di Maio, ispiratore principale del “Reddito di cittadinanza. Di Maio a Napoli città raccoglie il 2,12%.

Eletta, ma solo grazie al listino proporzionale, in Puglia, Mara Carfagna, ministro per il Sud nel Governo Draghi, bocciata a Napoli nel collegio uninominale di Campania 1, dove ha avuto il 7,1%,Fuori dal parlamento anche l’ex giornalista Sandro Ruotolo, senatore uscente ed esponente dell’anticamorra professionale, che era candidato alla Camera nel collegio uninominale Campania 1 (Torre del Greco) per la sinistra.

Il crollo della partecipazione al voto – a parte qualche dichiarazione di circostanza – è stato ignorato dai politici e rimosso dai commentatori. Ma perché? Perché per i partiti un numero di elettori ristretto è più controllabile e garantisce l’effetto illusorio di percentuali più alte. Meno si vota, più salgono gli indici.

Per forze politiche interessate esclusivamente alla gestione del potere la partecipazione ridotta è preferibile all’impegno a recuperare chi non vota più perché è deluso dalle promesse non mantenute, dall’ambiguità e dai compromessi sulle questioni di principio (diritto alla vita, famiglia naturale, teoria del gender, immigrazionismo, ecc.) e dalla omologazione di partiti che fingono di essere nemici irriducibili nel teatrino dei talk-show televisivi, ma sono pronti a mettersi insieme al Governo. A febbraio 2021, il Governo Draghi, che disponeva di una maggioranza di circa il 90% delle forze politiche presenti in Parlamento, è stato formato in 15 giorni.

AL SUD UN VOTO ASSISTENZIALE ?

Il voto al Sud è stato essenzialmente clientelare? Questo spiegherebbe – secondo molti politici ed opinionisti – i risultati, nettamente migliori ottenuti qui dal Movimento 5 Stelle, il partito che ha voluto il Reddito di cittadinanza.

Ma sull’equazione Sud-Reddito di cittadinanza-Movimento 5 Stelle, bisogna osservare due cose: anche nelle città dove M5S è stato il partito più votato, la sua percentuale è rimasta nettamente al di sotto di quella degli astenuti, tra i quali si è rifugiato quello che i politologi chiamano “voto di opinione”, basato sull’appartenenza politica e non sull’interesse materiale.

L’altra considerazione è che se il Reddito di cittadinanza è certamente una misura sbagliata e distorsiva dell’economia meridionale, consente però a chi lo percepisce di arrivare, con un secondo lavoro “a nero”, ad un salario un poco al di sopra del livello di sopravvivenza, ed integra gli assegni miserabili delle pensioni sociali e di invalidità. Il problema dell’impoverimento del Sud, dovuto non solo alla mancanza di lavoro ma ai bassi salari dell’Italia, esiste ed influisce sul voto, come sa bene la classe politica meridionale.

NUOVO GOVERNO, POCHI CAMBIAMENTI PER IL SUD

Che cosa significa per il Sud la vittoria elettorale della coalizione di centrodestra? Le voci destinate al Sud (pochissime) nei programmi dei partiti sono quasi sovrapponibili. Certo, la flat tax (tassa piatta) al 15% adesso riservata alle partite IVA con reddito fino a 65 mila euro, che dovrebbe essere estesa ai redditi fino a 100mila euro ed essere applicata all’incremento di redditi sull’anno precedente secondo il programma del centrodestra, darà ossigeno alle microimprese del Sud a struttura familiare, oppresse dal fisco, e si può almeno sperare in una riduzione del flusso di immigrati clandestini che a Napoli e nelle altre metropoli del Sud moltiplicano il sottosviluppo e sono diventati la manovalanza della criminalità organizzata. Ma scelte decisive per uno sviluppo reale del Sud, per arrestare l’emigrazione, per invertire la paurosa tendenza demografica negativa, per riportare i centri direttivi nelle nostre città, è inutile aspettarsele.

Non sono una meridionalista, sono una patriota” – ha detto Giorgia Meloni, leader di “Fratelli d’Italia”, diventato il primo partito nazionale, nel comizio di chiusura della campagna elettorale a Bagnoli, ex periferia industriale di Napoli, il 23 Settembre (ilroma.net. 23.9.2022).

Che non sia una “meridionalista” si era capito da molto tempo. Il futuro che FdI immagina per il Sud, quello di hub per le merci da e per l’Africa, sede dei rigassificatori e luogo turistico non è diverso da quello progettato dal ministro per il Sud Mara Carfagna che lo aveva appaltato allo Studio Ambrosetti di Milano (cfr. LN 164/22, “Sud: verso una nuova colonizzazione ?)

Di sviluppo autopropulsivo del Sud, di centri direttivi e non di filiali di multinazionali ed imprese e banche del Nord, non se ne parla. Quanto ai “patrioti”, al Sud l’espressione ha un significato sinistro. “Patrioti “ si definivano i Settembrini, i Poerio, i Mancini, e quel centinaio scarso di liberali e settari che emigrarono in Piemonte e tradirono la Patria reale, quella delle Due Sicilie, per consegnarla al Piemonte ed alla ideologica Patria italiana.

L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, UN FALSO PROBLEMA

La vittoria del centrodestra ha rilanciato gli allarmi, spesso interessati, per il progetto di autonomia differenziata, che è espressione di una organizzazione federalista dello Stato. Premesso che il Sud dallo Stato unitario centralista è stato prima depredato con l’unificazione e poi condannato all’assistenzialismo, con la Cassa per il Mezzogiorno, l’autonomia differenziata ed il federalismo fiscale – che è il cuore della riforma – rispondono al principio di sussidiarietà delladottrina sociale cattolica, e spezzerebbero il cordone ombelicale tra i politici meridionali e i partiti nazionali mettendo i governatori delle Regioni del Sud con le spalle al muro di fronte alla gente e contribuendo ad avviare un processo di ricambio della classe politica meridionale (cfr. Sud: autonomia delle Regioni, i conti con la classe politica (LN 130/18).

Gridano contro l’autonomia differenziata e difendono l’attuale assetto statalista e centralista i “meridionalisti” del carrozzone Svimez, cresciuti all’ombra delle laute prebende della Cassa per il Mezzogiorno e del sottogoverno. Questi “meridionalisti” hanno lucrato per decenni incarichi e consulenze utilizzando il Centro studi come trampolino.

Un contributo all’occupazione c’è stato, ma riguarda i suoi dirigenti: dal presidente Adriano Giannola, per 13 anni presidente della Fondazione Banco di Napoli e consigliere della più importante banca del Sud quando fu svenduta alla cordata INA-BNL, al vicedirettore Giuseppe Provenzano, passato dallo Svimez alla poltrona di ministro per il Sud nel Governo Conte 2, poi alla vicesegretaria del Pd ed ora eletto deputato.

Certo, se l’autonomia differenziata venisse realizzata, bisognerà intervenire sul previsto fondo di perequazione per riequilibrare i fondi destinati al Sud e rivedere il criterio della “spesa storica”, che determina i trasferimenti destinati ai servizi sociali. Ma il problema del Sud non è l’autonomia differenziata ma la sua classe politica. Inutile continuare a foraggiarla, si tratta di cambiarla. (LN166/22)