(Lettera Napoletana) Una storia vera nella Napoli diventata ormai ex capitale nell’Italia appena unificata. Uno dei tanti episodi di repressione del nuovo regime, dei quali pochissimo si è scritto.

È la vicenda riportata alla luce da Antonio Lombardi, in un libro che ripropone il genere del romanzo storico, “La Luna d’Inverno non parla(Edizioni Mea, Napoli 2021, pp. 150, € 14).

Protagoniste sono le “maestrine” (istitutrici residenti) del Primo Reale Educandato Regina Isabella di Borbone, con sede a Posillipo, (trasformato, dopo l’unità, semplicemente in “Primo Educandato”) costrette – come altre categorie sociali – a giurare fedeltà a Vittorio Emanuele II di Savoia ed al nuovo Stato a pena della perdita del posto di lavoro.

È il gennaio 1861, al Ministero dell’Istruzione è stato chiamato Francesco De Sanctis, che nomina Luigi Settembrini presidente del Consiglio direttivo dei Regi Educandati. A lui toccherà il compito di convincere, con allettamenti, ma soprattutto con minacce, le “maestrine” riottose a piegarsi al giuramento di fedeltà. Un regio decreto del 12 settembre 1860 aveva fissato le nuove regole, volute da De Sanctis. Tra esse il divieto di uso della lingua napoletana, e l’obbligo di una lezione quotidiana di italiano.

Nella vicenda delle maestrine compaiono donne di famiglie illustri: Maria Bianca Dusmet, figlia del valoroso ufficiale borbonico Giuseppe Dusmet, che rifiutò l’arruolamento tra i garibaldini e poi nell’esercito italiano; Caterina Volpicelli, amica di un’altra maestrina, Margherita Salatino, la protagonista principale del romanzo, e fondatrice della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore. Caterina Volpicelli è stata canonizzata dalla Chiesa nel 2009; Maria Concetta Durelli ed Atalia Baer, che dopo l’espulsione dall’Educandato di Posillipo, andarono a costituire il nucleo della Congregazione delle Suore Francescane Elisabettine Bigie, fondata da San Ludovico da Casoria, con il quale collaborarono.

La direttrice del Regio Educandato Regina Isabella di Borbone era Adelaide Capece Minutolo dei Principi di Canosa, che, insieme alla sorella Clotilde aveva realizzato su un terreno concesso dai Borbone l’Istituto.

Un gruppo compatto di educatrici non si piegò e resistette, fino a farsi cacciare dall’Istituto con l’intervento della Polizia.

L’epilogo della vicenda, ricostruita da Antonio Lombardi sui documenti dell’Archivio di Stato di Napoli, è il 7 gennaio 1862, quando 12 educatrici che avevano rifiutato il giuramento a Vittorio Emanuele II vennero espulse con la forza dai locali dell’Educandato dalla Polizia. Alcune di esse furono minacciate con le armi.

Il giorno dopo, 8 Gennaio, altre maestrine, che pure avevano rifiutato il giuramento, furono espulse dall’Educandato di Largo San Marcellino.

“Il 14 marzo successivo, compleanno di Vittorio Emanuele IIscrive Lombardi nell’Educandato dei Miracoli, 28 alunne si rifiutarono di partecipare al Te Deum in suo onore e invece, barricatesi in una stanza, cantarono in onore di Francesco II di Borbone. 22 di esse furono espulse dall’Educandato, le altre 6 furono perdonate”.

Margherita, nel romanzo, confida la sua pena alla luna, che all’inverno della ex Capitale, assiste muta. Parlano invece, per la Storia, le carte della vicenda portate alla luce dall’autore di questo bel romanzo storico. (LN161/21)

 

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