(Lettera Napoletana) Si conoscerà ai giorni il nuovo “partner strategico” di Banca del Sud, istituto di credito con sede a Napoli commissariato dalla Banca d’Italia l’11 giugno scorso.
Per la banca, nata nel 2005 con l’obbiettivo specifico del sostegno alle imprese meridionali, sono pervenute – secondo quanto hanno riferito i due commissari straordinari Paolo D’Alessio e Livia Casale alla Commissione parlamentare di Vigilanza sulle banche, nel corso di un’audizione il 15 luglio – sarebbero arrivate 14 manifestazioni di interesse, dalle quali sono state selezioniate “due o tre soggetti validi” (Il Quotidiano del Sud, 17.7.2021).
Il TAR del Lazio ha respinto nel frattempo la richiesta di sospensiva del provvedimento di commissariamento avanzata dalla Fondazione Banco di Napoli, che detiene il 21% del pacchetto azionario di Banca del Sud, mentre pende ancora il giudizio di merito sul ricorso presentato per conto della Fondazione dall’avvocato Orazio Abbamonte.
Il commissariamento da parte di Bankitalia, è scattato 40 giorni dopo la nomina del nuovo consiglio di amministrazione nel quale la stessa Fondazione Banco Napoli aveva nominato suoi rappresentanti affidando loro un piano di risanamento, e dopo che erano pervenute offerte da nuovi investitori che avrebbero consentito il rafforzamento dell’Istituto. È stato un colpo di maglio vibrato dalla Banca d’Italia, che attua una politica di concentrazione degli Istituti bancari che favorisce solo i grandi Istituti del Nord continuando a depauperare il tessuto economico meridionale.
Certo, Banca del Sud aveva un passivo su 12,8 milioni per crediti deteriorati, ma si tratta di spiccioli in confronto al Monte dei Paschi di Siena, con circa 10 miliardi di crediti deteriorati (Affari italiani, 31.5.2921) del quale lo Stato ha acquisto il 68 % del capitale immettendo 2 miliardi dei contribuenti anche meridionali. La Banca toscana, amministrata da sempre dal Pci-Pds-Pd, che nominava fino a 14 componenti del cda su 16, è costata, fino ad agosto, 23,5 miliardi di denaro pubblico (TEMPI, 4.8.2021). Nella prossima legge di Bilancio si prospetta lo stanziamento di altri 8 miliardi per ripianare la voragine di MPS (Libero, 21.10.2021).
“Il commissariamento della banca [del Sud] è un atto di pregiudizio e diffidenza” – ha detto Rossella Paliotto, presidente della Fondazione Banco di Napoli – la banca, “aveva ricevuto offerte vincolanti che consentivano di rafforzarne il capitale in termini molto significativi – e ben oltre quanto richiesto dalle norme di settore – potenzialmente idonee ad assicurare un futuro di sviluppo in vantaggio dei territori di riferimento” (Milano Finanza, 14.6. 2021)
Sarà un’altra banca del Nord, oppure un Fondo di investimenti estero, ad acquisire il controllo di Banca del Sud ? Probabile. Quello che è certo è che la testa dell’istituto di credito (9 filiali in Campania) non sarà a più a Napoli.
La stessa fine si profila per BRS (Banca regionale di Sviluppo), erede della Banca Popolare di Sviluppo, istituto di credito con sede a Napoli, fondato nel 2000 da un gruppo di imprenditori e professionisti della Campania, tra i quali l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, in gran parte attivi nel CIS (Centro Ingrosso Sviluppo) di Nola (Napoli), che è una delle più grandi strutture dell’ingrosso d’Europa.
Nel Novembre 2015 Banca Popolare di Sviluppo (6 filiali in Campania) si è trasformata da Banca Popolare in società per azioni.
La Banca ha scontato pesantemente prima la crisi degli operatori del CIS di Nola e poi quella determinata dalla pandemia da Covid-19.
A Ottobre 2020 il gruppo finanziario romano P&G SGR e Collextion Services, una società di recupero crediti nei confronti della Pubblica amministrazione, pure con sede a Roma, hanno lanciato un’offerta di acquisto per il 66% del capitale di BRS.
L’obbiettivo dichiarato è la creazione di una “challenger bank” (piccole banche digitalizzate in competizione con gli Istituti di credito tradizionali) (ANSA, 7.10.202).
L’operazione è in via di perfezionamento. Intanto, il valore delle azioni per i soci è crollato del 90%, i piccoli risparmiatori che avevano investito in Banca Popolare di Svilluppo si ritrovano con un pugno di mosche in mano, le imprese campane, a partire da quelle del CIS, perdono un istituto di riferimento.
Le due crisi di Banca del Sud e di Banca Regionale di Sviluppo si sono consumate nella totale indifferenza dei politici della Campania e del Sud che non hanno mostrato interesse né per i risparmiatori che hanno investito nei due istituti di credito, né per il futuro di un sistema creditizio meridionale che è già un deserto (il Sud è l’unica della 81 regioni della UE de-bancarizzata, cioè priva di istituti di credito propri di dimensioni medio-grandi).
Nella Commissione parlamentare di Vigilanza sulla banche, su 39 componenti ci sono 12 tra deputati e senatori eletti al Sud: Giuseppe Buompane, (Caserta, M5S); Bernardo Tucci (Calabria, M5S), Gianmauro Dell’Olio (Bari, M5S), Stanislao Di Piazza, (Palermo, M5S), Marco Pellegrini (Foggia, M5S); Francesco Castiello (Salerno, M5S); Antonio Martino (Pescara, FI ) Ubaldo Pagano (Bari, Pd) ; (Renato Schifani (Palermo, Fibp-Udc); Gaetano Quagliariello (L’Aquila, Idea-Cambiamo); Elio Lannutti (Chieti, Misto); Maurizio Buccarella (Lecce, Misto).
Nessuno tra i candidati sindaco alle Comunali di Napoli del 3-4 Ottobre ha sollevato il problema che non è neanche entrato nel dibattito pre-elettorale. Neanche si sono accorti delle ultime banche che se ne vanno i meridionalisti del carrozzone Svimez, impegnati esclusivamente a rivendicare più fondi per i i De Luca, gli Emiliano e gli altri ras della politica meridionale ed a chiedere una nuova Cassa per il Mezzogiorno, alla quale attingere. Come se non fosse bastata la prima. (LN161/21)