(Lettera Napoletana) Garibaldi era stato condannato a morte dal Regno di Sardegna ed era ricercato dalla Polizia piemontese prima della svolta liberale dei #Savoia e della sua decisione di mettersi al loro servizio per l’invasione del Regno delle Due Sicilie.
La sentenza di condanna a morte di Garibaldi, per la sua collaborazione al complotto mazziniano che prevedeva l’invasione della Savoia (3 febbraio 1834) fu firmata dal conte Rodolphe de Maistre, Comandante della Divisione militare di Genova, figlio del filosofo cattolico, ambasciatore del Regno di Sardegna a San Pietroburgo, Joseph de Maistre (1753-1821). Rodolphe de Maistre presiedeva il Tribunale militare che emise la sentenza per l’avventuriero, il 3 giugno 1834. La sentenza fu controfirmata il 9 giugno dal Governatore di Genova, Filippo Paulucci delle Roncole.
Il documento originale della sentenza è riportato in un libro di proprietà del conte Giovanni Medolago Albani, discendente diretto di Joseph de Maistre, ed è stato diffuso dallo studioso e dirigente della TFP (Associazione Tradizione Famiglia Proprietà) italiana, Julio Loredo.
Garibaldi, con il nome di battaglia di Cleombroto, si era infiltrato nella Marina del Regno di Sardegna, arruolandosi come marinaio di terza classe. Il suo compito sarebbe stato quello di organizzare la rivolta a Genova, mentre i mazziniani, qualche centinaio, appoggiati da fuoriusciti polacchi e francesi, invadevano la Savoia.
Il Governatore Paulucci – che aveva ricevuto informazioni sulla congiura mazziniana – il 4 febbraio 1834 aveva ordinato l’arresto di Garibaldi, ma lui, avvertito del fallimento della spedizione, fuggì a Marsiglia e da lì si imbarcò successivamente per il Mar Nero.
Per il Regno di Sardegna, Giuseppe Garibaldi era un pregiudicato latitante, un disertore della regia Marina, condannato a morte come “nemico della Patria e dello Stato”. Cominciavano per lui le esperienze di soldato mercenario, pirata e trafficante, anche di schiavi, in America Latina, ricostruite nel saggio “Contro Garibaldi” (Editoriale Il Giglio) di Gennaro De Crescenzo.
Anni dopo, il Piemonte, conquistato al liberalismo e diventato uno strumento di Inghilterra e Francia, lo assoldò per l’aggressione al Regno delle Due Sicilie. (LN150/20)