(Lettera Napoletana) Di Mons. Mario Oliveri, Vescovo emerito di Albenga-Imperia, è stato recentemente pubblicato, il secondo volume di Messaggi, omelie, esortazioni e note pastorali dal 1990 al 2016 (Fides et Pax, vol. II, Cantagalli Editore, Siena 2019, pp. 616 € 27,00)(cfr. LN 141/19). Si tratta di una preziosa riproposizione della dottrina cattolica in un momento di grave sbandamento della Chiesa.

Lettera Napoletana ha rivolto alcune domande a Mons. Oliveri.

D. Eccellenza, che valore ha, in questo momento di turbamento per tanti cattolici, la riproposizione del Magistero di un Vescovo fedele alla dottrina della Chiesa?

R. Sempre c’è bisogno, e soprattutto, nei tempi di maggior turbamento per l’animo di tanti cattolici, del richiamo forte e chiaro alle perenni Verità della Dottrina della Chiesa, che ci ripropongono la Fede Apostolica, la Fede cioè predicata, testimoniata e trasmessa dagli autentici Testimoni della pienezza della Divina Rivelazione, che è Gesù Cristo stesso, l’eterno Verbo di Dio incarnato, fatto uomo, Unico Maestro e Rivelatore del Padre.

Senza la certezza della Fede, e quindi della dottrina della Chiesa, non c’è vero magistero che illumini davvero la mente dei fedeli e muova le loro volontà al bene, alla fedeltà di vita in Cristo.

Il mio magistero di Vescovo, di successore degli Apostoli, non ha avuto altro intento se non quello di proporre senza esitazione e senza incertezze l’immutabile, perenne insegnamento della Chiesa Cattolica, Apostolica, che vale per tutti i popoli, per tutte le genti, per tutti i tempi.

D. È stata espressa viva preoccupazione da alcuni Cardinali, Vescovi, e da numerosi studiosi cattolici per le conclusione del “Sinodo speciale per l’Amazzonia”. Vede il rischio che sul celibato dei Sacerdoti e perfino sulla Rivelazione, a proposito della “Chiesa dal volto amazzonico” si affermino posizioni estranee alla religione cattolica?

R. Alcune idee emerse durante il Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia e poi in qualche forma anche nelle conclusioni, circa il celibato sacerdotale ed ancor più circa la centralità assoluta in Cristo della Divina Rivelazione e della Redenzione, possono senza dubbio diventare un rischio per la vita della Chiesa, ovunque essa si realizzi, ed operi, ed adempia la sua missione, qualora conducano o generino un offuscamento di una visione o concezione soprannaturale circa tutto ciò che riguarda la Chiesa, la sua Fede, la sua missione, il primato assoluto di ciò che Dio ha rivelato e dato al mondo, chiamando l’uomo a vita divina, a vita nuova in Cristo e soltanto in Lui.

La rivelazione è Parola di Dio non un’invenzione dell’uomo, non è dottrina umana, non è frutto di acculturazione sempre rinnovabile, sempre mutabile da popolo a popolo, da luoghi diversi, da tempi diversi della storia del mondo. L’uomo riceve da Dio, non crea, ma accoglie e con l’aiuto della Grazia si apre alla luce di Dio, ai doni di Dio.

Il celibato sacerdotale non trae valore e non è proponibile, e non è vivibile fedelmente, se non per il Regno dei Cieli, se non come richiamo al valore supremo dei beni soprannaturali, dei beni eterni. Esso indica i beni che il Sacerdote vuole e deve trasmettere con tutto il suo ministero sacerdotale, spirituale e soprannaturale e con la sua stessa vita.

D. Di fronte all’insistenza delle gerarchie sul tema di un’accoglienza indiscriminata agli immigrati ed a messaggi di tipo ecologista, oltre che ad indicazioni politiche, si avverte una insofferenza dei cattolici, che mostrano – come per esempio alle ultime elezioni regionali in Umbria – di non tenere conto delle posizioni della Cei. Pensa che ci sia uno scollamento tra le gerarchie ed i fedeli in

R. L’interessamento talvolta ossessivo, insistente, alle facoltà che riguardano la vita dell’uomo nel mondo, nel tempo, in determinate situazioni storiche, da parte del Pastori della Chiesa non dà un’idea giusta della missione specifica, soprannaturale della Chiesa. E perciò può condurre facilmente i fedeli ad un distacco, un disamoramento, quanto alla vera insostituibile azione della Chiesa di Cristo.

Il pericolo di uno scollamento tra pastori e fedeli può diventare davvero reale e non potrebbe che essere deleterio.

D. In una sua Lettera Pastorale del 2007 (“L’immutabile natura della Liturgia”), ha ammonito che “mutamenti radicali nella Liturgia e nel come si celebra comportano inevitabilmente conseguenze sul piano della fede.” C’è una deriva di abusi liturgici nella chiesa attuale ? E come valuta l’interesse crescente, dopo il Motu Proprio SummorumPontificumdi Papa Benedetto XVI, per il rito Tridentino o Gregoriano?

R. Sostengo oggi, come allora, che “mutamenti radicali nella liturgia e nel come essa si celebra, comportano inevitabilmente conseguenze sul piano della fede”, e questo perché si prega e si celebra come si crede, e si crede come si prega e come si celebra. Perciò è grave dovere dei Pastori della Chiesa, Vescovi e Sacerdoti, evitare ed impedire il propagarsi di “abusi liturgici”. Ma tutto dipende dalla concezione che si ha della vera, soprannaturale, natura della preghiera della Chiesa, della Divina Liturgia.

Il valore e l’importanza del Motu Proprio “Summorum Pontificum” consistono proprio nell’aver richiamato che il vero contenuto della Divina Liturgia, della Santa Messa, in modo specialissimo, è immutabile, è sempre lo stesso, è sempre di natura soprannaturale, è sempre azione massimamente sacra in qualsiasi forma si celebri. La forma più significativa, (quella migliore –oso dire- è quella che più chiaramente indica visibilmente che lì, nella liturgia, si celebrano, si attuano i Divini Misteri. (LN142/19).

 

Ordina ora “Fides et Pax” di Mons. Mario Oliveri (pp. 616, € 27,00 + spese di spedizione): € 20,00 per i soci della Fondazione Il Giglio.