(Lettera Napoletana) “Data inizio lavori 14 novembre 2001. Data ultimazione lavori 18 dicembre 2020”. È scritto sul cartello del cantiere della Stazione Duomo della Metropolitana collinare di Napoli (linea 1), in piazza Nicola Amore.
Per completare solo una delle 18 stazioni del Metrò di Napoli occorreranno – se il termine di dicembre 2020 sarà rispettato – 19 anni.
I lavori per la Metropolitana collinare di Napoli, poi diventata linea 1, cominciarono nel dicembre 1976. In 43 anni sono stati realizzati 18 km di percorso, al ritmo di 418 metri all’anno. L’ultima stazione, Municipio, è stata aperta a maggio 2015.
A Milano i lavori per il Metrò cominciarono nel 1964. In 55 anni sono stati realizzati 96,8 km di percorso, al ritmo di 1,76 km all’anno. Le stazioni sono 113, su quattro linee. Una quinta linea è in costruzione.
Il costo per km delle linee ferroviarie in Italia è tra i più alti del mondo: 61 mln di euro, contro 10,2 in Francia, 9,3 in Spagna, 9,8 in Giappone (dati relativi all’Alta Velocità, Rapporto sulla corruzione della Commissione UE. Cfr. EU News, 3.2.2014 ) ma a Napoli si è fatto molto peggio.
La Corte dei Conti, in una relazione sulla linea 1 del Metrò di Napoli (28.12. 2017) ha scritto: «Dal 1976 ad oggi, per la linea 1 della metropolitana di Napoli si [è] passati da un costo iniziale, rivalutato in euro, di quasi 2 miliardi (1.944.267.156) a un costo totale, ad oggi, di 3 miliardi 622 milioni 956 mila 837 di euro» (Adnkronos, 1.2.2018).
Le cifre della Corte dei Conti indicano un costo di oltre 201 milioni 275mila euro al km per i 18 km del percorso realizzato finora della Linea 1 Metrò di Napoli.
«L’assoluta indeterminatezza dell’affidamento di lavori, nemmeno abbozzati – afferma la magistratura contabile – sulla base di una convenzione-quadro estensibile senza limite finanziario e temporale e priva di progetto, schemi grafici e capitolati prestazionali idonei a identificarne l’esatto oggetto e l’onere effettivo, è stata una delle cause della dilatazione dei tempi e dei costi della realizzazione» (Relazione della sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti).
Il costo è spropositato anche a confronto con i costi elevatissimi dell’Italia. La Metropolitana di Roma è costata in media il 21% in meno, la metropolitana di Milano il 14% in meno (Adnkronos, 1.2.2018).
In occasione dell’apertura al traffico dell’ultima stazione del Metrò di Napoli, Municipio, il 23 maggio 2015, ai giornalisti fu consegnato solo un dépliant sulle “Stazioni dell’Arte”, ma nessun dato su costi e tempi di realizzazione dell’opera, che sono da record mondiale negativo. Il presidente della Società Metropolitana di Napoli s.p.a, Gian Egidio Silva, alla domanda di un giornalista, rispose di “non disporre, al momento, di dati” (ANSA, 23.5.2015).
La società Metropolitana di Napoli s.p.a., controllata della società Metropolitana Milanese s.p.a., era la concessionaria del Comune di Napoli per la realizzazione del Metrò. Nel 2009 è divenuta “Napoli Metro Engineering srl” e nel 2017 si è fusa per incorporazione con la MM (Metropolitana Milanese) S.p.a.
Nei 43 anni trascorsi dall’inizio dei lavori per la costruzione del Metrò di Napoli, si è realizzato un gigantesco scambio politico-affaristico, uno dei più grandi della Storia recente del Sud, tra la classe politica meridionale, anzitutto quella di governo locale e nazionale, e le grandi imprese del Nord che lavorano al Metrò. Ma magistratura, intellettuali e mass-media hanno grandi responsabilità in questa operazione, avvenuta in un silenzio carico di complicità.
Sull’andamento dei lavori per il Metrò di Napoli non ci sono state inchieste della magistratura penale. Eppure la Corte dei Conti ha definito la Metropolitana di Napoli una infrastruttura “senza alcun serio studio di fattibilità finanziaria e temporale, con conseguente stima approssimativa”. “Scarsa – aggiunge la Corte dei Conti – è risultata l’attenzione degli organi di controllo, dal momento che nessun organismo di valutazione si è occupato dell’opera”(Adnkronos, 1.2.2018).
Nessuna voce, nessun allarme si è mai levato dai difensori della “legalità” a tempo pieno, dai paladini dell’“antimafia”, dalle associazioni per i “diritti dei consumatori”, dalle “reti” permanentemente mobilitate.
Il Comune di Napoli, che è titolare della “alta vigilanza sui lavori” del Metrò, non è mai intervenuto.
«Abbiamo dato un’accelerazione e recuperato l’inerzia di chi ci ha preceduto”, dichiarò il sindaco De Magistris ai giornalisti in occasione dell’inaugurazione della Stazione Municipio (ANSA, 23.5.2015). Ma non è vero.
Con un proprio decreto (22.2.2017), De Magistris ha costituito un “Comitato di inchiesta per il contrasto e la prevenzione del fenomeni di illegalità nella città di Napoli”.
Nome ed idea – un Comune che fa le inchieste – ricordano sinistramente l’Unione Sovietica, cara ai cosiddetti Centri sociali alleati di De Magistris. Il tutto però si trasforma in farsa se si pensa che il “Comitato d’inchiesta” è presieduto dal giornalista Sandro Ruotolo, zio dell’assessore Alessandra Clemente, titolare della delega alla Polizia Municipale. La Clemente è stata assessore “alla Legalità”. Inutile dire che il Comitato d’inchiesta di De Magistris non si è mai occupato del Metrò di Napoli.
La conclusione dei lavori del Metrò di Napoli sarebbe prevista per il 2025, cioè 49 anni dopo l’inizio. L’ultimo tratto progettato, Aeroporto Capodichino-Piscinola, chiuderebbe l’anello intorno alla città, su un percorso complessivo di 25 km, con 26 stazioni.
Impossibile fare confronti con le Metropolitane di città come Londra o Parigi, o anche con Milano e Roma. Madrid ha un metrò esteso su 294 km, con 302 stazioni. Lisbona, città che ha la metà degli abitanti di Napoli e capitale di uno Stato che ha un pil di meno della metà dell’Italia, ha un metrò esteso su 44,2 km, con 56 stazioni.
“The most beatiful metro in the world” è scritto su un cartello collocato per le Universiadi davanti al cantiere della stazione di piazza Municipio. Con lo stesso titolo la “Metropolitana di Napoli” ha realizzato un video, di oltre 4’, che mostra le cosiddette “stazioni d’arte”, sulla cui realizzazione è passata una grossa parte dello scambio affaristico con la classe politica.
Alcune delle cosiddette stazioni d’arte sono in realtà di pessimo gusto, come quella di Salvator Rosa, affidata dall’ex sindaco di Napoli Antonio Bassolino all’architetto del kitsch Alessandro Mendini, lo stesso che massacrò la Villa Comunale, ex Real Passeggio di Chiaja, trasformandola in un Luna Park di provincia; o quella di Monte Sant’Angelo, del Metrò regionale, affidata sempre da Bassolino all’indiano Anish Kapoor, che riproduce la forma dell’organo genitale femminile. Altre, come quella di Toledo, sono di migliore fattura. Ma su di esse hanno lucrato di più politici, artisti, pseudo-artisti ed il sottobosco affaristico che prospera intorno a loro.
In cambio, i treni circolanti del Metrò di Napoli sono appena 9, risalgono all’inizio degli anni’90, e si bloccano di continuo. I tempi di attesa per i passeggeri non sono da Metrò e superano anche i 20’.
È improbabile che il Metrò di Napoli sia il più bello del mondo. Quello che è certo, invece, è che è il più caro del mondo, e quello dove lo scambio politica-affari che coinvolge politici meridionali, imprese del Nord e partiti nazionali si è perfezionato al meglio. Nel silenzio di mass-media, magistratura ed associazionismo. La Metropolitana di Napoli, una sintesi della storia meridionale recente che vale più di un libro. (LN137/19)