(Lettera Napoletana) L’inquietudine di un Vescovo di fronte al processo di “autodemolizione della Chiesa” – espressione usata da Papa Paolo VI già nel 1968 – che avanza.

È il sentimento che attraversa le lettere scritte da Mons. Mario Oliveri, coraggioso Vescovo di Albenga-Imperia dal 1990 al 2016, a Papa Giovanni Paolo II, a Papa Benedetto XVI ed ai Prefetti di varie Congregazioni.

Lettere accorate, appoggiate su una salda dottrina, nelle quali, tra il 1993 ed il 2011, Mons. Oliveri ha sollevato dubbi, espresso riserve, denunciato con forza lo “scivolamento “ della Chiesa cattolica “verso un relativismo negatore di qualsiasi verità stabile ed immutabile “, in nome di un “dialogo” che “tutto relativizza, che tutto rende sfumato e fragile “ (10.12.2004, Lettera a Mons. Stanislaw Dziwisz, Segretario particolare di Papa Giovanni Paolo II).

Le 23 lettere dell’ampio epistolario del Vescovo di Albenga Imperia, costretto alla rinuncia il 1° settembre 2016, ed una Omelia, sono state selezionate e pubblicate in ordine cronologico dal teologo Antonio Livi nel volume Un Vescovo scrive alla Santa Sede sui pericoli pastorali del relativismo dogmatico (Editrice Leonardo Da Vinci, Roma 2017, pp. 130, € 20,00).

Il dialogo è un valore in se stesso, ed esclude qualsiasi intenzione di convertire. L’affermazione, che sintetizza l’idea del dialogo come fine e non come mezzo, è contenuta nel Comunicato congiunto sottoscritto dalla Commissione mista per il dialogo Cattolico-Ebraico, che era presieduta dallo scomparso Cardinale argentino Jorge Mejía (Osservatore Romano, 3-4.3.2003).

 “L’espressione (….) scrive Mons. Oliveri appare come una implicita ed obbiettiva apostasia, cioè come implicito ed obbiettivo rinnegamento (non dicendo ciò che non può mai essere taciuto) della fede in Gesù Cristo, nel Quale, e nel Quale soltanto, si adempiono tutte le promesse di Dio e tutte le profezie. (…) Il dialogo è dire ed ascoltare è dire e non tacere, è dire e non nascondere la propria identità, è certamente – da parte della Chiesa Cattolica non nascondere la propria fede”.

 “Come Vescovo della Chiesa Cattolica – aggiunge Mons. Oliveri farò di tutto per impedire che molti siano colpiti dalla confusione di un dialogo che esclude qualsiasi intenzione di convertire”.

Il problema della conversione degli Ebrei torna in sei lettere dell’attuale Vescovo Emerito.

Nel gennaio 2001 il Vescovo di Albenga-Imperia si rivolse all’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina delle Fede, Cardinale Joseph Ratzinger. “Se gli Israeliti non accettano il Vangelo – scriveva Mons. Oliveri – non accolgono Cristo come Messia e Figlio di Dio, sono  “nemici del Vangelo (come dice Paolo); se lo accolgono, essi sono benedetti e sono il vero Israele di Dio, quello che si determina non più per l’appartenenza carnale ad un popolo, ma per mezzo della fede in Cristo Salvatore: Dio non revoca, ma il rifiuto del Dono è rifiuto, con tutte le conseguenze.

Parole di grande chiarezza anche sull’“anti-giudaismo” (da non confondere con l’antisemitismo) dei Padri e della Chiesa Cattolica: “Esso è stato una doverosa posizione di natura teologico dottrinale, scrive Mons. Oliveri.

Di particolare rilievo, in una lettera del maggio 2005 al Cardinale Ratzinger, divenuto Papa Benedetto XVI, l’analisi delle cause della “dittatura del relativismo, denunciata proprio dal Papa:

La dottrina teologica è stata convolta, perché – scrive il Vescovo di Albenga-Imperiaa partire dalla cosiddetta nouvelle théologie si sono progressivamente abbandonate le categorie del ragionamento proprie della filosofia dell’essere (….) facendo invece ricorso alle nuove categorie della filosofia moderna, credendo di poter esprimere la verità della Divina Rivelazione adattandola ai modi propri di ragionare dell’idealismo, del soggettivismo, dello storicismo, del naturalismo, e quindi inesorabilmente del relativismo (…). È il soggetto pensante che modella e che crea: l’obiectum non ha più importanza (fosse anche Dio stesso), ma soltanto il soggetto.

(… ) All’interno del modo di pensare di cui al primo punto, diventa impossibile qualsiasi discorso sulla verità, sulla fede, sulla trasmissione della fede, sull’adesione certa e definitiva a qualsiasi verità, a qualsiasi conoscenza; ciò che vale è il soggetto, che a tutti i costi deve comunque convivere con altri soggetti se non vuole il proprio annientamento: di qui tutto il discorso – senza fondamenti – della necessità della pacifica convivenza, della sopravvivenza del genere umano (sopravvivenza per che cosa, per quale fine, per andare verso dove?). La pacifica convivenza – si sostiene – viene inesorabilmente intaccata da qualsiasi discorso di verità, da qualsiasi proposta di identità che si scontri con l’identità (ovviamente  “identità del tutto indefinita) di altri; l’unità del genere umano può determinarsi solamente nel non definito, nel confuso, nell’essere in continuo rimodellamento”.

Il libro di Mons. Mario Oliveri sarà presentato venerdì 23 marzo a Napoli, all’Hotel Renaissance Mediterraneo, dal teologo Mons. Antonio Livi, accademico pontificio, già decano della facoltà di Filosofia dell’Università Lateranense, dal prof. Guido Vignelli e da Marina Carrese, presidente della Fondazione Il Giglio. (LN120/18)

 

Scarica l’invito alla presentazione di Un Vescovo scrive alla Santa Sede sui pericoli pastorali del relativismo dogmatico (Editrice Leonardo Da Vinci, Roma 2017, pp. 130, € 20,00) 

Invito-23-03-2018 (4.0 MiB)

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