(Lettera Napoletana ) – di Adriana Dragoni – Fino al 2 aprile 2017, Palazzo Zevallos, a Napoli, ospita la mostra “Fergola, lo splendore di un Regno”. Si tratta di 63 dipinti e tele provenienti da vari Musei, tra i quali Capodimonte e San Martino, e dal Palazzo Reale di Napoli.
Salvatore Fergola (1796-1874) fu il cantore della Restaurazione borbonica, soprattutto da quando, nel 1829, fu nominato dal re Francesco I pittore di Corte.
Con Francesco I (1825-1830) visitò la Spagna e la Francia, disegnandone le emergenze monumentali.
Con Ferdinando II (1830-1859) illustrò quelle innovazioni tecnologiche che sono considerate i primati del Regno. Quindi, tra le altre, ritrasse, nel 1839, l’inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici (che fu, come si sa, la prima ferrovia italiana), della Napoli-Castellammare di Stabia, del tratto in costruzione della Torre Annunziata-Nocera, della Napoli-Caserta e della sua deviazione verso Nola. Infatti, il successo della ferrovia Napoli- Portici, che aveva trasportato, in un anno, un milione di viaggiatori, aveva incoraggiato il Re a proseguire in questo campo.
Fergola illustrò anche il passaggio della costruzione, nei cantieri di Castellammare, dalle navi a vela a quelle a vapore e quindi il varo della “Ferdinando I” (un altro primato borbonico).
La politica del Re era volta a pubblicizzare l’efficacia di un paternalismo monarchico volto al benessere del popolo. Tuttavia a volte, l’atteggiamento straniero, come quello piemontese, tendeva a denigrare il Regno e anche la sua arte. Così, in occasione di un’esposizione a Brera nel 1852, il critico Carlo Tenca, milanese e “patriota”, scrisse che Fergola, “…non si distacca per nulla da quelle note e stucchevoli spiagge napolitane più manuali che artistiche…”.
Il Fergola “tecnologico” usa anche una composizione secondo linee rette, ma è soprattutto un esponente della scuola di Giacinto Gigante (1806-1876), che esalta una visione tendenzialmente a macchie di colore. Ed è pure un continuatore della tradizione vedutistica settecentesca, per l’ampiezza curvilinea della composizione, la quale, a sua volta, prosegue il paesaggismo seicentesco di Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro (1609-1675), e la sua composizione circolare, in diretta osservazione della natura. Non l’astrazione delle regole prospettiche ma il vero naturale è da sempre nella tradizione pittorica nostrana. E, osservando la realtà, Fergola, già negli ultimi anni del regno di Ferdinando II ne intuisce la crisi e nella sua pittura si avvertono i cupi tremori dell’imminente tragedia. Lui, ai Borbone ed al Regno del quale aveva raffigurato la grandezza, resta fedele e in un autoritratto del 1864 si mostra con la Croce di Cavaliere dell’Ordine di Francesco I, che gli era stata concessa nel 1829. (LN 107/16).