Angela Pellicciari
Risorgimento ed Europa. Miti, pericoli, antidoti
Fede & Cultura, Verona 2008, pp. 124
€ 12,00 + spese postali
Sin dall’esordio nel campo della saggistica, con il famoso Risorgimento da riscrivere, Angela Pellicciari si è occupata con particolare interesse dell’attacco sferrato dalla massoneria contro la Chiesa, arrivando alla conclusione che esso fosse il vero obiettivo finale della rivoluzione che sconvolse l’intera penisola nel lungo periodo del cosiddetto “risorgimento”.
Anche nel suo ultimo libro, Risorgimento ed Europa. Miti, pericoli, antidoti (Fede & Cultura, pp. 124, € 12,00), che raccoglie una serie di articoli apparsi su La Padania, Il Foglio e Studi Cattolici, tra il 2000 e il 2004, la studiosa ha preso in esame il ruolo determinante della massoneria nell’unificazione italiana, considerata il passaggio obbligato per consentire l’invasione dello Stato Pontificio e la cancellazione del potere temporale del Papato.
Per conseguire questo risultato epocale, le società segrete misero in atto diverse strategie, dapprima dirette, con i moti rivoluzionari della prima metà dell’800, e poi, dopo il loro esito fallimentare, con manovre più subdole e mascherate fatte di corruzione, trame internazionali ed ingenti finanziamenti occulti. Su questa strada trovarono la piena disponibilità del Regno di Piemonte e della dinastia Savoia, che si prestarono ad essere il braccio armato di una guerra mai dichiarata ma non per questo meno sanguinosa e distruttiva. In cambio, ottennero il dominio su un territorio 12 volte maggiore e su una popolazione 5 volte superiore e si appropriarono dell’immenso patrimonio della Chiesa cattolica, costituito nel corso dei secoli dalla carità popolare per onorare Cristo e lenire la miseria.
Il grande merito della Pellicciari è che nei suoi scritti non si limita alla critica netta e senza mediazioni al cosiddetto risorgimento ed all’unificazione, ma, da vera storica, supporta ogni affermazione con una importante documentazione tratta dagli atti del parlamento di Torino, da scritti pubblici dei protagonisti dell’epoca o lettere private di massoni e “padri della patria”.
Nel nuovo saggio, l’Autrice oltre a svelare i veri obiettivi risorgimentali, li mette a confronto con l’attuale quadro di relativismo anticattolico che permea il processo di unificazione europea. I punti di contatto sono tali e tanto significativi da portare alla conclusione che il risorgimento non fu che l’ennesima tappa di un percorso che, dissimulato attraverso parole d’ordine come “democrazia, tolleranza, rispetto delle diversità”, ha come traguardo una società sotto il dominio di un totalitarismo nichilista.
Sulla questa tesi, Angela Pellicciari ha rilasciato un’intervista all’Agenzia Zenit (giovedì, 30 aprile 2009), che riportiamo di seguito.
Nel libro lei esprime un giudizio molto negativo del Risorgimento. Perché?
Pellicciari: Perché è stato guidato da un’élite liberal-massonica convinta che la cattolicità degli italiani fosse un male da estirpare. E perché, per fare gli italiani diversi da quelli che erano, in nome della libertà e della costituzione, sono stati infranti uno dopo l’altro tutti gli articoli dello Statuto. Perché l’1% della popolazione, sopprimendo tutti gli ordini religiosi e tutte le opere pie, si è appropriato della ricchezza accumulata nel corso di mille e cinquecento anni dall’Italia cattolica con la conseguenza che, grazie al Risorgimento, siamo diventati un popolo di emigranti.
Sarebbe stata possibile l’Unità d’Italia senza Risorgimento?
Pellicciari: Scrive Antonio Rosmini nel saggio Sull’unità d’Italia composto nel 1848: “L’unità d’Italia! E’ un grido universale, e a questo grido non v’ha un solo italiano dal Faro alle Alpi a cui non palpiti il cuore. Sarebbe dunque gettare parole al vento provarne l’utilità o la necessità: dove sono tutti d’accordo, non v’ha questione”. Tutti, Papa compreso, volevano l’unificazione della penisola in quella che veniva chiamata “Lega”. Le cose sono andate diversamente perché, grazie all’appoggio determinante delle nazioni straniere, Carlo Alberto ed i suoi successori hanno voluto “fare da sé” contro tutti gli altri.
Che ruolo ha avuto la massoneria nei moti risorgimentali?
Pellicciari: La massoneria è stata l’anima del Risorgimento. Questo riconoscono unanimemente sia le fonti cattoliche, ed in particolare le encicliche di Pio IX e Leone XIII, sia le fonti massoniche.
Quali sono gli elementi comuni che, secondo lei, legano il Risorgimento alla odierna Unione europea?
Pellicciari: Il denominatore comune è, a mio modo di vedere, la gnosi. Ancora una volta, proprio come all’epoca del Risorgimento, un’élite che si ritiene moralmente ed intellettualmente superiore (gli gnostici per l’appunto, ovvero coloro che conoscono, coloro che sanno) progetta in modo “scientifico” il futuro dell’Europa. Futuro che non prevede la sopravvivenza del cristianesimo. Per questo non è stato possibile, contro la palmare evidenza dei fatti, riconoscere il ruolo avuto dalla Chiesa cristiana nella costruzione dell’identità europea.
Per questo è stato rifiutato a Rocco Buttiglione, designato dal precedente governo Berlusconi, il ruolo di Commissario europeo. Per questo la Santa Sede è stata condannata dal Parlamento europeo trenta volte per violazione dei diritti umani.
Perché la gnosi, di cui la massoneria è espressione, si oppone alla Chiesa cattolica?
Pellicciari: La gnosi si oppone alla verità rivelata e contesta la realtà del diritto naturale. Il pensiero gnostico non si propone di comprendere il mondo ma di cambiarlo. A partire dalla Rivoluzione Francese e da Napoleone, i frutti dei vari progetti di liberazione dell’umanità non hanno cessato di tradursi in oceani di sangue. Ma questo non è bastato. La gnosi si è sempre rifiutata di prendere atto dei propri errori. Si è sempre rifiutata di riconoscere la verità dei dieci Comandamenti, precipitando nel vortice inarrestabile e spaventoso del mondo senza Dio. Se, dopo le catastrofi di comunismo e nazismo, si è smesso di idolatrare lo Stato, l’idolatria (ora ndr) è stata trasferita sul singolo ed i suoi desideri.
Leggi anche l’intervista ad Angela Pellicciari pubblicata su Lettera Napoletana n. 18, luglio 2009