(Lettera Napoletana) Solo due anni fa alla rielezione non credeva neanche lui. “È più facile che il Napoli vinca lo scudetto – disse in un’intervista al programma di Radio Rai “Un giorno da Pecora” – che io sia di nuovo sindaco di Napoli”. Era il 6 novembre 2014. De Magistris era dato perdente nei sondaggi, la maggioranza che lo sosteneva in Consiglio Comunale si era frantumata, la sua giunta galleggiava tra dimissioni e continui rimpasti alla ricerca di un consenso ormai sfumato, e dal suo entourage filtravano voci preoccupate sul futuro dell’ex pm.
In poco più di anno e mezzo l’ex pm non ha recuperato consensi nella Napoli reale, anzi. De Magistris è il sindaco di Napoli meno votato degli ultimi 20 anni con 185.907 voti raccolti al ballottaggio. Rosa Russo Iervolino (ricordata come uno dei peggiori sindaci della storia) ne ebbe 304.755 nel 2006 (vittoria al primo turno) e 278.183 nel 2001 al ballottaggio. Il suo avversario, Antonio Martusciello, di Forza Italia, ne raccolse 247.564. Antonio Bassolino, nel 1993, ebbe al ballottaggio 300.964 voti. Il suo avversario, Alessandra Mussolini, 239 867.
Rispetto al 2011, De Magistris ha perso 78.823 voti. E Il 19 giugno 2016 al ballottaggio tra lui ed il candidato del centrodestra Gianni Lettieri, si è recato a votare solo il 36% dell’elettorato. Per il sindaco uscente ha votato meno di un napoletano su quattro.
Lo scarso consenso reale dell’ex pm (meno di 186mila voti su 788.291 elettori), come i risultati deludenti degli altri candidati a sindaco, Gianni Lettieri, del centrodestra, Valeria Valente del Pd, Matteo Brambilla del M5S, danno la misura della disaffezione dei napoletani verso la classe politica.
Di fronte a questi dati è sbagliato ripetere slogan come “gli assenti hanno sempre torto”. Se la scelta è tra candidati che non danno alcuna speranza di miglioramento, non prestarsi ad un rituale inutile è più che legittimo, e l’astensionismo, cresciuto del 14,6 rispetto al 50,5 del 2011, diventa il dato politico più importante.
De Magistris ha vinto nel vuoto, grazie alla dissoluzione dei partiti politici ed a candidati avversari meno che mediocri, selezionati da una classe politica il cui ricambio non viene dalle professioni, dalle categorie, e dalle imprese ma dal basso aiutantato politico, cioè da portaborse ed ex galoppini.
Decisivo è stato il sostegno a De Magistris dell’estrema sinistra, quella partitica (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Possibile, Sinistra Italiana) e quella dei cosiddetti Centri sociali, che l’ex pm protegge ed incoraggia. Sono oltre una trentina gli edifici pubblici e privati occupati da queste scuole di violenza ideologica e fisica. Alle Comunali di Napoli i loro aderenti, che si sono autodefiniti “Controllo popolare” hanno presidiato i seggi e nella notte dei risultati hanno festeggiato dal balcone di Palazzo San Giacomo insieme all’ex pm tra bandiere rosse e pugni chiusi. Alcuni loro esponenti, candidati nelle liste di De Magistris, adesso siederanno in Consiglio Comunale e nelle Municipalità cittadine.
È dagli ideologi dei Centri sociali che vengono formule ripetute dall’ex pm come “governo delle assemblee popolari”, “autorganizzazione popolare”, “rivoluzione zapatista”, “Napoli autonoma”. A De Magistris, che è alla ricerca di un futuro, i Centri sociali, collegati in una rete nazionale ed europea, hanno promesso appoggio per farne il leader di un movimento nazionale.
Il 23 giugno l’ex pm ha incontrato a Roma l’ex ministro greco Gianis Varoufakis, schierato a sinistra di Tsipras e di “Syriza”, altri contatti sono in corso con gli spagnoli di “Podemos”, i cui dirigenti sono ex consiglieri del dittatore comunista venezuelano Hugo Chávez (Cfr. “Spagna: Podemos, i nostalgici della ghigliottina“, LN86/15).
L’ex pm ha annunciato l’intenzione di dare vita ad una “Podemos” napoletana. Certo, il tutto assomiglia molto ad una farsa e De Magistris a pugno chiuso sembra la caricatura di Hugo Chávez, ma le occupazioni di edifici pubblici e privati da parte dei Centri sociali sono vere e non fanno ridere. Il Comune di Napoli, che è il più grande proprietario immobiliare della città e non riesce a mettere a reddito adeguatamente questo patrimonio, sta tollerando occupazioni di immobili dove vengono collocati “senza tetto” scelti dagli attivisti dei “Centri sociali”. L’assessore comunale al patrimonio Sandro Fucito, di Rifondazione Comunista, ha annunciato l’apertura, entro il mese di luglio, di un “albergo sociale” in via Settembrini, nel centro antico di Napoli.
Nel mirino ci sono anche gli immobili della Chiesa, e perfino i Conventi. A marzo 2016 una trentina di attivisti del Centro sociale “Magnammoce ’o pesone” (“Mangiamoci l’affitto”) ha occupato metà dei locali del Convento delle Suore di S. Pietro a Majella, nel Centro antico di Napoli. Le suore ora, vivono barricate nei locali che ancora possono utilizzare e debbono contrattare con gli occupanti gli orari di preghiera e di silenzio. “In realtà è come se fossimo segregate – ha detto la Superiora del Convento al Corriere del Mezzogiorno (19.5. 2016) – non possiamo accedere agli altri piani del Convento e spesso restiamo chiuse in casa per timore che qualcuno possa occupare anche questa”.
Per la presenza degli occupanti, la chiesa del convento ha dovuto chiudere. Occupazioni sono avvenute anche nel Rione Sanità. In questo modo è stata costituita una base di consenso elettorale per De Magistris. Se il voto di opinione dei napoletani diserta le urne, ad esso viene sostituito il voto di interesse da parte di “senzatetto”, disoccupati e aspiranti al reddito minimo di cittadinanza, che la giunta De Magistris, con una delibera approvata il 2 maggio 2016, in piena campagna elettorale, ha promesso “a tutti coloro che risiedono a Napoli da almeno 24 mesi”, anche senza spiegare da dove sarebbero prese le risorse per erogarlo (cfr. IL MATTINO, 2.5.2016).
Altri suoi consiglieri, esponenti di insignificanti partiti “sudisti”, alla ricerca di qualche poltroncina, cercano di accreditare l’ex pm in chiave meridionalista e perfino neoborbonica per fare marketing politico.
Ideologi marxisti-leninisti dei Centri sociali e “meridionalisti progressisti” trasformano la storia delle Due Sicilie in un capitolo della lotta di classe tra il “Nord” dei “Savoia”, presi come antesignani del grande Capitale, ed il “Sud” “operaio e contadino”. Una storia manipolata in laboratorio, che viene poi trasferita ai giorni nostri nello scontro tra Centri sociali e Lega di Salvini. In giro portano una bandiera con il territorio di quello che era il Regno delle Due Sicilie dipinto di rosso e sovrastato dalla stella rossa della Terza Internazionale.
Di suo, De Magistris ci mette solo le sue scarse conoscenze storiche. In un comizio elettorale, volendo attaccare il premier Renzi, ha invocato : “Napoli Capitale, Granducato di Toscana dietro !” (cfr. Il Giornale.it 9.5.2016). Non gli hanno spiegato che Napoli era Capitale, ma del Regno delle Due Sicilie e che i Borbone erano parenti ed alleati degli Asburgo-Lorena, Granduchi di Toscana. (LN101/16).