(Lettera Napoletana) Quante ragioni ci sono per diffondere la Messa Vetus Ordo (in rito antico), detta anche Tridentina? Don Roberto Spataro, salesiano, professore ordinario di Letteratura cristiana antica greca alla Pontificia Università Salesiana e Segretario della Pontificia Accademia Latinitas, ne indica cinque in un libro appena pubblicato (“Elogio della Messa Tridentina”, Fede&Cultura, Verona 2015, pp 92, € 10).
In realtà il libro – che raccoglie una serie di conferenze dell’autore sul rito tradizionale, una delle quali a Napoli, per iniziativa di Fraternità Cattolica nel mese di aprile – nel testo di ragioni ne fornisce anche di più, con l’immediatezza del linguaggio parlato e l’efficacia argomentativa di un pamphlet.
«La Messa Tridentina, in sé e per sé [è] una sorta di catechismo per tutti, credenti evangelizzatori e non-credenti da evangelizzare. L’impianto storico-salvifico, creazione, peccato, incarnazione, redenzione, grazia, gloria e vita eterna, sono riassunti nelle preghiere», scrive Don Spataro.
Con una felice espressione è stato detto che il Vetus Ordo “blinda” la fede, proteggendola dagli abusi liturgici, da pratiche sempre più in uso come i balli di fedeli (e di sacerdoti) sull’altare, dall’«uso eccessivo delle parole, come purtroppo avviene nella prassi liturgica inaugurata dal Novus Ordo (nuovo rito) e interpretata in modo decisamente logorroico da molti sacerdoti», che lasciano interdetto chi entra occasionalmente in chiesa per partecipare, ad esempio ad un battesimo o ad un matrimonio.
Si può discutere sul senso del sacro che il nuovo rito nato dalla riforma del Concilio Vaticano II sia in grado di trasmettere al fedele, quando è celebrato correttamente, ma è certo che solo la bellezza della liturgia tradizionale e del canto gregoriano sono capaci di attrarre – come si può facilmente verificare – i fedeli tiepidi, i frequentatori occasionali della Messa e, soprattutto di ricondurre ai sacramenti i tanti battezzati frastornati e confusi dal relativismo anche religioso abbondantemente penetrato nella Chiesa.
«La Messa Vetus Ordo non è quell’happening festaiolo a cui talvolta viene penosamente ridotto il Sacrificio di Cristo sull’altare. È la Messa in cui misticamente tutti saliamo sul Calvario e non per un’amena passeggiata», ricorda l’autore.
La Messa Tridentina – detta così perché promulgata da Papa Pio V a richiesta del Concilio di Trento, con la bolla Quo Primum, nel 1570, ma in realtà risalente nelle sue parti essenziali a San Gregorio Magno (540 circa-604) ed al rito degli Apostoli – “ristabilisce l’ordine delle cose”, osserva Don Spataro.
«(…) La ritualità esprime molto bene (….) senza smagliature e sbavature il rapporto tra uomo e Dio. La presenza di Dio e quanto Egli fa di buono per salvarci sono messi ben in evidenza: al centro ci sono il Crocifisso, l’Altare, il Tabernacolo, e non segni liturgici, tutti importanti, certamente, ma che rinviano all’uomo, ossia il prete che presiede la tavola attorno a cui consumare un convivio, l’assemblea che si raduna. In altri termini la Messa Vetus Ordo è teocentrica e non antropocentrica».
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