(Lettera Napoletana) L’ultimo allarme viene addirittura dal Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, ultrapresente sui mass-media e nei convegni sulla retorica dell’antimafia: “Invito politici ed enti locali a non erogare più denaro ad associazioni che nascono dal nulla. Non si può fare dell’antimafia un mestiere”, ha detto il magistrato (Quotidiano Nazionale, 31.8. 2015). Un allarme simile era venuto dal Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti : “Ci sono imprenditori collusi con la criminalità organizzata che si riciclano nelle associazioni anti-racket ed antiusura” (Ansa, 12.12.2014). Roberti aveva anche invitato a selezionare attentamente i “testimonial” per le lezioni di “legalità” nelle scuole, in riferimento alla ex coordinatrice della Fai (Federazione Antiracket ed Usura) della Campania, Silvana Fucito, indagata insieme al marito per associazione per delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti, occultamento e distruzione di documenti contabili ed omesso pagamento dell’Iva.
Con il fondatore della Fai, l’ex deputato del Pd, assessore a Lametia Terme e consulente “anti-racket” del Comune di Napoli Tano Grasso, la Fucito ha partecipato a centinaia di incontri sulla legalità e la “lotta alle mafie” nelle scuole.
Tra il 2007 ed il 2013 il PON (Programma Operativo Nazionale) Sicurezza, finanziato dall’Ue, ha distribuito in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia 330 milioni di euro per “favorire la diffusione della legalità” (Il Giornale, 1.9.2015). Nel primo semestre 2015 sono stati destinati dal Ministero degli Interni oltre 32 milioni di euro a 238 associazioni e a 317 privati cittadini che hanno chiesto ed ottenuto di costituirsi parte civile nei processi antimafia, un altro sistema per accedere a finanziamenti previsti nell’apposito fondo del Ministero degli Interni per le vittime della criminalità organizzata.
In Italia le associazioni “antimafia”, (in gran parte sono registrate come Onlus) sono oltre 2mila. Più di 1500 delle quali aderiscono alla rete della ONG “Libera”, fondata dal sacerdote Don Luigi Ciotti (cfr. “Sud: la nuova mafia dell’Antimafia” LN86/15), che gestisce i beni sequestrati alla criminalità organizzata e prepara insieme alla Lega delle Cooperative (presente praticamente in ogni inchiesta su appalti e corruzione) corsi di formazione per “manager” nella gestione dei beni sequestrati.
La lotta “alle mafie” è diventato un grande affare per “gente furba che si fa vedere accanto a magistrati e vittime di mafia ma che non ha mai prodotto nulla”, ha detto ancora Gratteri. La Procura di Reggio Calabria sta indagando su diverse associazioni e personaggi dell’antimafia professionale. L’ex presidente del Museo della ‘ndrangheta, Claudio La Camera, è accusato di aver speso per utilità personale parte degli 800mila euro ricevuti da Regione Calabria e Provincia di Reggio tra il 2007 ed il 2012.
La fondatrice dell’associazione “Donne di San Luca”, Rosy Canale, ex imprenditrice, è stata arrestata per truffa e peculato. Con i finanziamenti ricevuti avrebbe acquistato tra l’altro una “Fiat 500” ed una “Smart”. La Corte dei Conti di Napoli indaga su 13 milioni di finanziamenti erogati ad alcune associazioni “antiracket”. Ad Ostia (Roma), dove il Municipio è stato sciolto per sospetta infiltrazione della criminalità organizzata, la Commissione parlamentare Antimafia ha dovuto prendere atto della presenza di “sedicenti associazioni antimafia con modalità operative simili nei modi e nei comportamenti a quelli di famiglie mafiose” (Il Giornale 1.9.2015).
Del tutto inutile per la lotta vera alla criminalità organizzata è anche la Commissione parlamentare antimafia, istituita nel 1962 e composta da 50 tra senatori e deputati. Utilizzata dai partiti per collocarvi parlamentari alla ricerca di informazioni su indagini utili a se stessi, questo organismo si sposta periodicamente, con seguito di funzionari, in diverse città del Paese per “audizioni” con i vertici locali di magistratura e forze dell’Ordine. I costi sono elevati, i risultati nulli.
Nell’ultima visita a Napoli (14-15 settembre) la Commissione, presieduta dal deputato del Pd Rosy Bindi, avrebbe dovuto recarsi nel rione Sanità, teatro il 5 settembre dell’uccisione di un 17enne per motivi non ancora chiariti. Dei 12 parlamentari in missione a Napoli, al Rione Sanità è arrivata solo la Bindi, per un incontro durato poco più di un’ora con alcune (pochissime) associazioni, che hanno inutilmente esposto le necessità dei residenti.
Con il denaro speso per la visita della Commissione parlamentare antimafia a Napoli si sarebbero potuti pagare gli straordinari alle forze dell’ordine per pattugliare di notte il Rione Sanità. Qualcosa di molto più utile nella lotta alla criminalità, organizzata e non. (LN92/2015)