(Lettera Napoletana) La campagna elettorale per le prossime elezioni è già cominciata. A Napoli si voterà a primavera 2016 per le Comunali. I candidati in molti casi saranno gli stessi, sotto sigle diverse.
“Da settembre comincerò a lavorare sulle liste”, ha annunciato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris (Corriere del Mezzogiorno, 20.6.2015), anticipando anche la coalizione che lo appoggerà: “da una parte ci saranno i partiti, come Sel e Idv. Poi vorrei lavorare con Marco Esposito e la sua idea di un movimento sudista, e far crescere Dema, la mia associazione”. De Magistris poi definisce “essenziale anche l’apporto di Raimondo Pasquino” (eletto nelle fila dell’Udc ed attuale presidente del Consiglio comunale) a completamento di un’ armata Brancaleone che andrà dai “Centri sociali” agli ex democristiani.
Il futuro politico del giornalista-ex assessore Marco Esposito, ispiratore della lista Mo’, autodefinitasi “civica” e “meridionalista” alle regionali della Campania (in realtà una pattuglia di simpatizzanti dei Centri sociali, ex sessantottini e radical-chic), sembra dunque delineato. Non a caso il giorno dopo i risultati delle elezioni Esposito era già alla festa di “Dema”, insieme all’ex pm. Alle Comunali tenterà di portare un pacchettino di voti in dote a De Magistris e di dare una verniciatura (a Napoli si dice “una passata di faccia”…) “meridionalista” allo schieramento dell’ex pm, del quale per due anni (giugno 2011-maggio 2013) è stato assessore al commercio in una giunta sostenuta da Italia dei Valori, Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Socialismo 2000 ed alcuni dei cosiddetti “Centri sociali”.
Ma è difficile che anche questa nuova operazione trasformistica riesca. Lo 0,62% raccolto da Mo’ alle regionali in Campania tra i votanti è in realtà uno 0,28% sul totale degli elettori. La metà dei quali (48,1%) non ha votato, rifiutando in blocco una classe politica con programmi sostanzialmente omogenei (cfr. “Sud: elezioni, dalle astensioni il rifiuto della classe politica”, LN88/15). Molto difficilmente il programma ideologico, scritto in sinistrese stretto, di Mo’, riuscirà a richiamare al voto i napoletani sensibili alla storia ed alla Tradizione meridionale.
E nessuna credibilità ha presso di loro De Magistris, che niente ha fatto in questa direzione nei suoi cinque anni da sindaco. L’ex pm, sollecitato da centinaia di e-mail di napoletani, ha rifiutato di intitolare una piazza a Ferdinando II di Borbone, ma ha dedicato a Berlinguer uno slargo di Via Toledo ed una strada a Nelson Mandela. Anche per lui il meridionalismo è un mercato politico dal quale pescare un po’ di voti, con l’aiuto di qualche personaggio compiacente.
Al di là delle manovre di questi politicanti, la questione di fondo è che gli interessi del Sud non si possono identificare in un partito. Il Regno delle Due Sicilie era una Nazione. Di questa Nazione restano ancora le tradizioni, la cultura, la lingua, una memoria storica.
Ma una Nazione non è un partito e non si può affidare la sua rinascita ad un partito, anche se basato su un programma condivisibile, ed al gioco elettorale. Del Sud vanno difesi l’identità culturale, la Tradizione cattolica, il patrimonio d’ arte, le produzioni di qualità, le famiglie, le imprese. Le scelte elettorali vanno definite sulla base di questi parametri. Chi difende la nostra identità dalla dissoluzione del cosiddetto multiculturalismo, dall’aggressione dell’immigrazionismo? Chi difende i valori cattolici ai quali il Regno delle Due Sicilie si è sempre ispirato? Chi difende le famiglie, in un Sud ormai in crisi demografica, dalla teoria del gender? Chi difende dall’oppressione fiscale le imprese? Chi si batte per le banche meridionali superstiti? Chi sostiene le imprese ed i marchi del Sud? È sulla capacità di rappresentare questi interessi reali del Sud che si giudicano liste e programmi. (LN89/15)