(Lettera Napoletana – Dic. 2014) Una sentenza della Cassazione fa luce sulla campagna di disinformazione condotta a proposito della cosiddetta “Terra dei Fuochi”, area compresa tra l’entroterra a Nord di Napoli e la provincia di Caserta, dove da anni vengono sversati rifiuti anche tossici, poi eliminati tramite l’accensione di roghi.
La sentenza n. 450001 della I Sezione penale della Corte di Cassazione (Presidente Arturo Cortese, relatrice Maria Stefania Di Tomassi) ha accolto il ricorso di un imprenditore agricolo, Vincenzo Capasso, i cui terreni a Caivano (Napoli), coltivati a pomodori ed altri ortaggi, sono stati sequestrati “a scopo preventivo” il 17 febbraio 2014 dal Corpo Forestale dello Stato, su disposizione della Procura di Napoli, per un preteso rischio di “avvelenamento”.
Il Tribunale del Riesame aveva respinto il ricorso contro il sequestro, presentato dall’avvocato Marco De Scisciolo. Nella sua sentenza la Cassazione contesta la configurabilità del reato di “avvelenamento”, ipotizzata dalla Procura ed accolta dal Riesame, sottolinea come il Tribunale del Riesame abbia ignorato dati ed argomentazioni della difesa dell’imprenditore, ed evidenzia una serie di gravi errori, anche tecnici, alla base della decisione del Riesame.
Eccone alcuni: la presenza di tetracloroetilene (3,9 microgrammo/litro) rilevata nel fondo dell’imprenditore di Caivano era “di gran lunga inferiore al limite previsto dalla legge vigente in materia di acqua destinata al consumo diretto umano – scrive la Cassazione – che pone il limite massimo di 10 microgrammo/litro”. I campioni d’acqua prelevati dalla Forestale provenivano inoltre da un pozzo destinato all’irrigazione e non al consumo umano.
“Il Tribunale peraltro – aggiunge la Cassazione – erroneamente aveva parlato di soglie (di contaminazione, n.d.r.) espresse in milligrammo/litro anziché in microgrammo litro”.
Quanto all’ARPAC (Agenzia regionale per l’ambiente della Regione Campania) di Napoli, incaricata di analizzare i campioni d’acqua prelevati dal pozzo, “così come gli uffici a cui tali compiti erano stati subdelegati non erano accreditati per tali analisi e non erano in possesso delle attrezzature necessarie”.
Inoltre, pochi giorni prima della decisione del Tribunale del Riesame, il Ministero per le Politiche Agricole aveva reso noto la mappatura dei terreni agricoli della Campania eseguita dai propri tecnici, individuando nel 2% del territorio totale le “aree sospette”. Il Ministero ha classificato in fasce di rischio tali terreni (fasce 3, 4, e 5) prevedendo solo per l’ultima fascia il divieto di raccolta e commercializzazione di prodotti agricoli, ed i terreni di Vincenzo Capasso non rientravano neanche nelle fasce a più basso rischio.
Finora sono circa 70 gli ettari di terreni coltivati sequestrati nella “Terra dei fuochi”, denominazione inventata dall’organizzazione ambientalista di sinistra “Legambiente” e rilanciata da Roberto Saviano. Ai sequestri, operati dal Corpo Forestale dello Stato, si è giunti in un clima di forte pressione mediatica, sotto la spinta delle manifestazioni dei “Comitati per la terra dei fuochi”. Il 5 luglio 2014, durante una ricognizione organizzata dal “Movimento 5 Stelle”, l’oncologo Antonio Marfella, componente delle “Assise di Palazzo Marigliano” promosse dal neogiacobino Gerardo Marotta, incitò davanti alla stampa il responsabile regionale del Corpo Forestale dello Stato, Generale Sergio Costa, a procedere senza esitazione a nuovi sequestri di terreni. Il 7 luglio 2014 il parroco del Parco Verde di Caivano, Don Maurizio Patriciello, celebrò una Messa collocando sull’altare i “pomodori maledetti” di Caivano. Nel dicembre 2013 il programma di LA7 “Servizio Pubblico”, condotto da Michele Santoro, parlò della presenza di “scorie radioattive” nella “Terra dei Fuochi”. Intanto i “Movimenti”, termine che nel linguaggio marxista indica le tensioni sociali scatenate utilizzando “le contraddizioni del sistema capitalistico”, che gli agitatori hanno il compito di fare esplodere, venivano esaltati da qualche scrittore-giornalista “meridionalista” come “segnale del riscatto del popolo meridionale”.
Invece, per creare il mito propagandistico del “più grande avvelenamento della storia dell’Occidente” (così un blog dei “Comitati della Terra dei Fuochi”) si sono provocati danni enormi alle piccole imprese agricole e si è assestato un altro grave colpo all’immagine della Campania. “Dalla Campania non consumo niente”, ha annunciato l’oncologo Umberto Veronesi. Un’indicazione seguita da migliaia di consumatori.
Il polverone nasconde alcune verità scomode per “ambientalisti”, agitatori dei Centri sociali (che puntano a presentare una lista alle prossime regionali in Campania), sedicenti esperti ed opinionisti á la page.
Diciamolo chiaramente: che rifiuti tossici siano stati scaricati per anni tra Napoli e Caserta (ma anche nella discarica di Pianura, periferia occidentale di Napoli) da imprese senza scrupoli, spesso del Nord, non c’è dubbio. Nel periodo più caldo il Commissario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania era Antonio Bassolino (2000-2004), quello rimasto in carica più a lungo. Alcuni degli “esperti” e degli oncologi che oggi lanciano l’allarme sulla “Terra dei Fuochi” erano suoi consulenti o erano componenti del famigerato “Comitato tecnico Scientifico” (CTS) della Regione Campania, che distribuiva gettoni di presenza anche senza riunirsi, e non hanno mai fatto sentire la propria voce.
È altrettanto certo che clan camorristici abbiano organizzato il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti tossici. Quello che viene taciuto è che la manovalanza dei clan è costituita da immigrati nel Nordafrica e dell’Est europeo. Ad essi si uniscono centinaia di Rom (circa 3mila vivono disseminati in un’area di 10 km quadrati tra Scampia, periferia Nord di Napoli e l’entroterra) che bruciano sistematicamente copertoni e cavi elettrici rubati per estrarne il rame. Gli autori dei roghi sono loro, come documentano gli arresti delle forze dell’ordine.
La sentenza della Corte di Cassazione potrà estendersi negli effetti ad altri sequestri compiuti con la stessa approssimazione e la stessa superficialità, se altri imprenditori si costituiranno in giudizio. Ma solo una campagna di controinformazione locale e nazionale potrà evitare che per imprenditori e cittadini residenti nella cosiddetta “Terra dei Fuochi” al danno reale degli sversamenti dei rifiuti si aggiunga quello di immagine della demagogia di “ambientalisti” ed agitatori professionisti. (LN 83/14)